Antonio Del Vecchio
Gargano, sabato 27 marzo 2021 - Dante sbarca in Rai anche in virtù di un garganico di lusso nella campo della poesia italiana e dialettale, in particolare. Il riferimento è a Francesco Granatiero, classe 1949, medico-poeta di origine mattinatese, ma dal 1972 a Torino e nel suo interland, principalmente a Rivoli, dove esercita la sua professione di dirigente medico. Forte del suo “Giargianese”, opera antologica presentata per il 25 Novembre 2006 nella sua Mattinata. Precisamente nei locali dell’ex e noto Ristorante “Papone”, dove partecipò anche chi scrive.
Qui a tessere le lodi del poeta e nel contempo la critica dell’opera erano stati nell’ordine: Domenico Cofano, già titolare di Letteratura Italiana all’Università di Foggia; Pietro Saggese, professore di Lettere alle Superiori di Rodi e Sebastiano Valerio, professore associato in materia pure all’Università foggiana. Giargianese presenta in prima di copertina Dante, Pasolini e D’Annunzio. Di Dante oltre al primo Canto dell’Inferno, viene tradotto in dialetto garganico “Tanto gentile e tanto onesta pare...”; di Pasolini due poesie friulane; di D’Annunzio “La pioggia nel pineto”. Quella del Giargianese, secondo il suo dire, “ è la lingua tout court...iniziatica... rivoluzionaria, un dire a a volte straniante che si interroga e che sconvolge ogni convenzione...Una mirabile antologia della poesia italiana...dalle origini a oggi...”. In essa viene trasfuso il meglio dei dialetti garganici. ,,”. Dopo questa esperienza egli entra a pieno titolo nel firmamento dei traduttori in dialetto delle opere e degli autori più famosi della Letteratura Italiana.
Ed è per questo che, convocato in Rai, accetta volentieri di partecipare al programma di Rai Radio 3 “La Lingua batte”, in onda la domenica dalle ore 10,45. Lo stesso dallo scorso anno è condotto da Paolo Di Paolo. Ad intervistare l’interessato e la giornalista Cristina Faloci. Le domande riguardano esclusivamente la Divina Commedia Dantesca e della sua influenza nei vari dialetti italiani. Un buon gioco per lui, che conosce bene Dante e la sua Commedia. Si fa accenno ai secoli più vicini al grande Poeta, dove la sua influenza è alquanto episodica, dominato il periodo com’è, dalla Gerusalemme Liberata. Durante l’illuminismo, il primo periodo che coincide con il medio evo è completamente ignorato, ritenuto com’è un secolo buio.
L’opera dantesca viene riscoperta in tutta la sua profondità e bellezza formale solo nell’Ottocento. Per cui la traduzione dialettale – precisa il Granatiero – diventa un delizioso passatempo per tantissimi poeti. In primis c’è il milanese Carlo Porta. Quest’ultimo traduce all’inizio con altro metrico. La lettura di Dante è concepita come esercizio e base della propria opera. Riguardo il contenuto la poesia dei traduttori interpreta lo “spirito del tempo “ ovvero il cammino civile religioso. Il II Ottocento ha invece come contenuto il patriottismo, ossia il Risorgimento. La lingua di Dante contamina tutti . Giuseppe Cappelli, veneziano, traduce frantumando i versi danteschi, assimilandoli. Riesce a comporre una commedia famigliare, cogliendo a pieno la traduzione esometrica e mantenendo invariato l’uso dell’endecasillabo.
Granatiero, nelle sue risposte riesce a mettere d’accordo le parlate locali, piemontese, veneto, ecc. individuando nella Divina Commedia, i vari vocaboli di riferimento dialettale, per esempio “mo” al posto ora, usata sia al Nord, sia al Sud, oppure iuso e suso, al posto di sotto e sopra. Poi c’è mastro al posto di maestro, usato sia nei mestieri, sia in campo educativo ed intellettuale. Si sofferma poi, sulle parole piemontesi, come ‘cavagna’ (paniere), le pugliesi e garganiche, in particolare, come : ‘ammucciato’ (nascosto), pèsele (sospeso). L’intervistato, evidenzia le ‘affinità dantesche’ del dialetto napoletano. Tra l’altro, frate, ecc. Tira fuori, ancora, le parole calabresi.
I traduttori, secondo il mattinatese, appartengono a diversi strati sociali e professionali. Si riscontrano religiosi, filosofi, carbonai, contadini, ecc. Insomma, la popolarità di Dante, coinvolge anche gli strati più bassi. Altrettanto i territori. Di traduzioni dantesche si interessano prima le grandi città come Milano, Venezia, Roma, ecc. Poi le ‘versioni’ si fanno sempre più locali. Tuttavia il vero e proprio boom della poesia dialettale e del rapporto con l’opera dantesca, si ha negli anni ‘70 in coincidenza con il boom economico.
Da allora in poi, il rapporto in termini di importanza tra Italiano e dialetto tende a capovolgersi e a spingere molti a riscoprire la valenza della lingua dialettale, quella che interpreta al meglio i sentimenti più profondi dell’animo umano. Da qui l’avvento delle periferie e la riscoperta della cosiddetta civiltà contadina, che sta via scomparendo.