Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, lunedì 18 gennaio 2021 -  Le difficoltà linguistiche dei nostri emigrati in Usa nei primi anni del secolo scorso sono enormi per via dell’analfabetismo che regnava sovrano tra quei derelitti. Ce ne erano pochi quelli che a malapena sapevano leggere e scrivere in Italiano, per di più non in modo adeguato, perché il loro livello di istruzione era relegato per lo più alla prima o alla seconda elementare, essendo il grado massimo nei piccoli paesi agricoli e pastorali come Rignano per lo più alla prima o alla seconda elementare.

Il massimo per quei tempi, come risaputo, era la III classe. Pertanto, la prosa in questione , per sommi capi, era costituita da una sorta di dialetto italianizzato. Ciò generava spesso fraintesi enormi tra mittenti e riceventi, come nel caso del nostro Giuseppe Scipione Del Vecchio, che a un certo punto cessò di scrivere e sparì del tutto inghiottito nella babele americana delle lingue e del vertiginoso sviluppo dell’economia, concretizzatosi con la rottura del matrimonio italiano e ricostruzione di una nuova famiglia in quelle ricche terre. Ecco una lettera, datata 1 febbraio 1915 in cui affiorano i primi dissapori famigliari.

Cara mia moglie tu non ti lagnare di me perché io non ti posso aiutare all’occasione, (per)ché in America è un po’ male in questi anni. Perché tutti le male cose e col pensiero tuo (per) ché è da allora che ti ho mandato a dire di venire in America (perché ora) non ti trovassi cosi a menare una vita disperata  giorni per giorni in Italia perché avete ascoltate sempre (al) le chiacchiere della gente per la cosa che non avete inteso mai a me e se voi avessi inteso a me ti trovassi meglio ancora perché ti levavo di sotto a quella schiavitù (dine) dell’Italia perché all’Italia ben lo so come si agisce e in America chi  ha la famiglia (ci)passa una vita felice, dunque mi fate sapere nel mese di Settembre se avete ricevuto 100 (dollari o lire?). Cara moglie a quasi 3 anni che io sto in America io t’ho mandato a dire sempre per la fotografia di mio figlio e non me l’avete mai mandata,  fatelo per quella mamma che ti ha dato il latte di mandarmi il ritratto,  se no è peggio per voi e non credete a male cose, perché mi è venuto lo sfizio di vedervi mio figlio e voi pure e se voi mi mandate il ritratto sarebbe una cosa buona per voi. Cara mia moglie, se la fortuna mi accompagna, l’anno venturo sono in Italia per Santo NatalePerò non credete che io sto per sempre, io vengo per prendere (a) voi e (a) tornare indietro in America.Ti prego di farmi sapere le notizie della mia famiglia e della tua famiglia pure mi salutate (a) mia madre, se è viva e o morta, mi salutate (a) mio fratello con tutta la sua famiglia, di più a tuo Padre, se siete vivi o morti, perché noi sappiamo che ha fatto il terremoto (2), come pure di famiglia mi salutate (a) tua sorella con tutta la famiglia, di più mi salutate (a) mia comare Elvira con tutti i bambini, mi salutate (a) il mio compare Michele Ponziano e aiuta a dire a mio compare Michele, che io ho saputo che ha figliato la mula,  se ha fatto maschio o femmina, di farmelo sapere e quando vengo per Natale li faccio (da) il compare. Mi salutate (a) mio compare Savino Parracino con tutta la famiglia e come mio compare Pasquale Colore con tutta la famiglia ezzol.goud-biee (1). e io tanto ti saluto caramente come pure mio figlio e sono il Tuo affettuoso marito

Giuseppe Del Vecchio

(P.S. ) e pronta risposta e buone notizie.

questo e la dirizione (indirizzo): n° 433 first. st. Louisville K.Y. e ti prego di mandarmi il ritratto perché voi ce ne avete tante delle mie (foto) e (io)non mi posso levare (togliere) lo sfizio di vedere a voi>>.

 

Come si nota nel finale della lettera affiora una parte consistente del carattere scherzoso ed umoristico dell’autore. È una constatazione che si affaccia di tanto in tanto nel resto delle lettere e nel racconto orale pervenuto fino a noi. Per quanto riguarda la nota n.1 si tratterebbe di un appunto scherzoso in lingua locale, ma ne ignoriamo il significato. Speriamo che in futuro il pronipote americano, Jeremy Spurlock, di cui già scrivemmo, ci possa illuminare sull’argomento. Nella nota n. 2 si parla di terremoto. Giuseppe, avendone avuto notizia dai giornali del posto, vuole sapere se “sono vivi o morti”. Il riferimento è al terremoto della Marsica, meglio noto come terremoto di Avezzano.

L’evento, avvenuto il 13 gennaio 1915, devastò la regione della Marsica, in Abruzzo, e le aree limitrofe del Lazio, causando oltre trenta mila vittime. A Roma crollarono diversi fabbricati. Nel resto del Meridione, come il Gargano, furono avvertite solo scosse e nessun danno. Classificato di magnitudo 7 rientra in quelli più gravi della storia sismica italiana, per numero di vittime e danni materiali. Ancora più micidiale quello di Messina accaduto nel 1908.  Nel retro della foto singola, effettuata con ogni probabilità, prima del suo trasferimento a Louisville (vedi immagine), troviamo il nome della città e dello studio fotografico. Dove fu scattata e riprodotta. Si tratta di MALY vrt, uno studio ubicato in - 535 Vine Street, a Cincinnati. Lo stesso era rimasto aperto dal 1911 al 1916. Come noto, Cincinnati è la grande città al confine tra Ohio e Kentucky. È certo che Giuseppe avrebbe attraversato Cincinnati da Cleveland (Ohio) a Louisville (Kentucky). E questo, perché la città in parola si trova tra Cleveland e Louisville (si veda tracciato in blu della cartina geografica).

Tracciato, quest’ultimo, che percorse spesso, da un lato perché collegato a New York e dall’altro alla zona delle miniere di carbone dei Monti Apalacos, dove Giuseppe sarà impegnato per il resto della vita a lavorare sottoterra, per guadagnare di più. Un altro motivo del su e giù è dovuto al cambio di lavoro e soprattutto perché va dove opera qualche scrivano d’italiano che lo aiuta a redigere le lettere per la famiglia. A Cleveland, oltre ai compaesani Nicola Fania e Michele De Felice, ci pensava un foggiano, di cui si ignora il nome, che per primo l’aveva ospitato in casa. Lo si evince dagli scritti. Forse ci ritornava apposta ogni qualvolta ne aveva bisogno, pur trovandosi altrove per motivi di lavoro.