Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, mercoledì 25 novembre 2020 - Il terremoto dell’Irpinia-Basilicata si avvertì forte anche a Rignano Garganico. Come noto, lo stesso accadde alle ore 19,00 e passa del 23 novembre ’80. A quell’ora chi scrive si trovava nella sezione socialista del centralissimo Largo Palazzo, impegnato in un acceso dibattito politico sui temi amministrativi. Pochi mesi prima la lista di sinistra PCI-PSI aveva di nuovo spopolato alle elezioni amministrative, portando al massimo scranno cittadino il ventenne Matteo Viola, socialista – sindacalista tutto pepe, che assieme alla sua squadra inciderà tantissimo nella storia politica locale e non solo. Si discuteva di incarichi esterni.
Chi scrive sarà designato alla Comunità Montana del Gargano, diventandone assessore ai Lavori nella Giunta Santoro, la cui delega al turismo sarà ricoperta dal compianto ed operoso Nino Grana di San Marco in Lamis. Siamo chiusi dentro, anche perché fuori fa freddo. Pertanto, i rumori del ‘botto’ e la scossa ci giunsero pressoché attutiti, anche perché la struttura al piano terra dello storico Palazzo Baronale, dove ci trovavamo, d’origine medievale, aveva i muri perimetrali assai voluminosi. Nessuno si accorse di nulla sino a quando qualcuno notò che fuori c’era baldoria. Aprimmo la porta e notammo in piazza un fuggi fuggi generale e la gente affacciata a balconi e finestre che gridava: “Sant’ Miché.., Sant’ Miché… il terremoto!”.
Smettemmo e rinviammo il tutto. Il giorno successivo, accertata la notizia via TV, gli amministratori comunali, quasi tutti giovani ed entusiasti, dopo aver raccolto materiale di pronto soccorso ed alimenti vari, decisi partirono a bordo di due macchine, capitanate dal sindaco, per portare aiuto alle popolazioni di Sant’Angelo dei Lombardi e di altri centri. Del viaggio, ne sapemmo di più al ritorno dai nostri testimoni. Si parlò di strade malmesse, di ponti rotti, di case abbattute, di sangue, di morti e di pianti e dolore. Tutti erano letteralmente terrificati e nel raccontare, s’interrompevano spesso impediti com’erano dal groppo alla gola. Qualche anno dopo, l’amico Lorenzo Scarpiello, pittore di fama in quel di Foggia, mi regalò un quadro sul tema (olio su tela), a firma del figlio Virginio, allora adolescente che, dopo la morte del genitore, melo regalò definitivamente (vedi foto)