Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, sabato 31 ottobre 2020 - Rosario Paratore, carabiniere in congedo è un altro dei tanti forestieri affezionato da sempre a Rignano Garganico, il più piccolo centro abitato del Parco Nazionale del Gargano. Lo è da quando nel 1951 sbarca in paese in qualità di aggregato della benemerita, rimanendovi in servizio per 18 mesi esatti. Ecco la sua storia di vita e di professione. Egli nasce da famiglia contadina a Castroreale (Messina) il 1° marzo 1929. Frequenta le Scuole Elementari a Bafia, frazione di Castroreale di circa cinquecento abitanti, dove abita la famiglia. Si dedica anima e corpo ai lavori agro- zootecnici presso la grossa azienda, gestita dal nonno e dai genitori.
A 18 anni s’innamora per la prima volta. A farlo impazzire sono gli occhi di una bella e vispa ragazzetta di pochi mesi maggiore di lui. Si frequentano, come è uso del tempo, per appuntamenti rimediati alla meglio. Ha un nome non comune nello Stivale. Si chiama Tindara (nome devozionale, in quanto associato alla Madonna Nera del Tindari, località siciliana sita nel golfo di Patti). Qualche anno dopo col piacere di entrambe le famiglie si fidanzano ufficialmente.
Quando sta per scoccare il ventesimo anno, ecco la cartolina di chiamata al ruolo di carabiniere. Ai primi di settembre 1949 parte per Torino, dove segue con grande sacrificio ed impegno il corso preparatorio di sette mesi. E’ tra i primi di ogni specialità, sia nel maneggiare le armi di squadra, sia nelle discipline sportive. Dopo di che viene destinato alla stazione dei CC. di Brindisi- porto, in attesa di raggiungere altre sedi più appropriate.
Dopo una lunga e sofferta corrispondenza amorosa, finalmente il 10 ottobre del 1959 porta all’altare la sua Tindara, unica donna della sua vita, che lo accompagna ancor oggi, ormai 92 enne, in quel di Locorotondo nel Salento, di cui si dirà.
Foto di Rosario Paratore con cane lupo, scattata il 27.06.1951 (come indicato sul retro) dal carabiniere leccese Carmine Chiaravalle, classe 1914, proprietario dell’animale, nel cortile dell’antica caserma dei CC, ubicata a Porta San Severo, a San Marco in Lamis.
La cerimonia si svolge presso la chiesetta della frazione di Catalimita, tra invitati stretti, famigliari e compari, con tanto di abito bianco, corteo, pranzo e dolci fatti in casa, nonché balli a volontà, suonati dal concertino con fisarmonica. “Al mio arrivo a Rignano col pullman Sita – ci racconta l’uomo per telefono - c’è ad attendermi un bel po’ di gente, quasi che fossi un ospite di lusso”.
La piccola folla è, invece, lì radunata per puro caso, perché luogo di ritrovo e di viavai tra i più frequentati del paese, non a caso denominato, come lo è tuttora, Largo Portagrande. Nome, quest’ultimo, che richiama la sua plurisecolare funzione, ossia di unica porta carrabile che lo metteva in comunicazione con il borgo antico di origine e fattura medievale.
La stessa è stata abbattuta nel 1869, in segno di rispetto per la conquistata unità d’Italia. Dopo aver chiesto l’esatta indicazione il forestiero si affretta a raggiungere il luogo di destinazione, ossia l’antica stazione dei CC. Si trova in Via Belvedere, là dove c’è l’arco, uno dei più suggestivi, perché al di là c’è la Ripa e il suo stupendo panorama. Visione, quest’ultima, che sognerà e porterà per sempre nel cuore e nella mente.
La struttura si compone di più stanze racchiuse in un palazzotto, non dissimile, nella forma e consistenza, da quello di Don Rodrigo de I Promessi Sposi. Ha una porta d’ingresso di legno massiccio con bordi metallici, fornito di un voluminoso battente in ferro e tirante per il campanello. La vista al Nord ha come affaccio alcune finestre e un unico balcone. Se ne ripete un secondo ad Est e poi una sequela di finestre a Sud, tutte con vista panoramica a largo raggio.
Bussa. Gli apre il piantone di servizio e in un attimo, dopo aver attraversato una rozza scalinata si trova al secondo piano davanti al brigadiere Salvatore Rizzo (classe 1909, di Racale - LE), allora comandante della struttura. Il ricordo richiama altri ricordi. Quest’ultimo, ammogliato con Antonietta Perrini, con quattro figli abita in Via Piccirilli, 49, uno stabile poco distante dal luogo di lavoro.
La prima figlia di lui, di nome Florinda, frequenta l’anno successivo al pari di chi scrive, suo preciso coetaneo, la quinta elementare. Lei ha come maestra per la sezione femminile, Carolina Draisci, chi scrive, il nipote di quest’ultima Gabriele Draisci, prima maestro, poi professore di materie letterarie, preside ,e, infine, sindaco per tre lustri della cittadina . Si passa, subito dopo, alla presentazione degli altri inquilini della caserma, sei in tutto, compreso il comandante. Di essi Rosario ricorda bene i nomi: Francesco Di Lernia, Antonino Gatto, Annicchiarico, il leccese, e Cavour, il padovano. In pochi giorni il nuovo arrivato impara obblighi e doveri della convivenza. In primis, va a fare rifornimento di acqua più volte al giorno con dei secchi alla vicina fontana pubblica, ubicata nei pressi della Chiesa Madre.
Quella di gruppo è del 15 Aprile 1952 (data retro), scattata a conclusione del pranzo all’aperto nei pressi della cappella rurale della Madonna di Cristo (sei chilometri dal paese; a dx in piedi con divisa blu vediamo: il brigadiere Rizzo, con davanti la moglie di lui con il figlio e accanto la figlia maggiore; a sx accovacciato Rosario Paratore con la figlioletta del comandante Rizzo.
L’acqua, oltre a scopo alimentare, serve per lavarsi e per pulire la latrina al primo piano collegata all’esterno con un canale di scolo che raggiunge la ripida discesa del pendio prospiciente. A quel tempo sono in corso i lavori della prima rete fognaria urbana, eseguiti per conto dell’Acquedotto, come si legge sul coperchio in ghisa, dalla ditta Putignano del barese. Tra le prime conoscenze che fa il militare c’è una vicina di casa, la famiglia Limosani. Di essa ricorda la giovane Antonietta e il fratello Vincenzo, pure carabiniere, come pure poliziotto era l’allora fidanzato Pietro, figlio del cantiniere “Mumù”, uno scherzoso e simpatico soprannome noto a tutti, come ci tiene a precisare l’ex-carabiniere. Con loro stringe una salda amicizia, che non dimenticherà mai. Conosce subito pure il primo cittadino Giovanni Tusiano, uomo semplice e alla portata di mano, istruito com’è dall’esperienza diretta ed indiretta nel lavoro dei campi, quale sindacalista e contadino lui stesso.
“Affabile e disponibile – sottolinea - mi accoglie la prima volta in municipio, come se fossi un suo pari” Ogni settimana Rosario porta la roba sporca a lavare da una lavandaia improvvisata, attiva presso la sua abitazione di corso Roma “di fronte alla fontana” (la terza del paese). Si tratta della Rocchina e della figlia Tina, allora giovanissima e bella (i nomi ovviamente sono di fantasia, per rispetto di privacy.
“É gente simpatica – precisa il nostro interlocutore- con esse diventiamo pure amici”. Altrettanto accade con Giovannina , titolare del negozio alimentare in Corso Giannone (detto piazza), che lo accoglie puntualmente con il sorriso sulle labbra e il fare cerimonioso. Dopo, conoscenze ed amicizie si moltiplicano di giorno in giorno sino ad investire l’intero paese. Tutti lo conoscono come il carabiniere siciliano. Il giovane ha voglia di sapere. Vuole prendere la licenza media, che conquisterà solo più tardi dopo alterne vicende, a Locorotondo, ultima tappa del suo continuo peregrinare. In paese c’è un prete molto amico dei giovani e della loro crescita culturale.
Si chiama don Nicolino Martelli, uomo colto e dedito al sociale. Lo contatta e ne concorda la preparazione delle varie materie d’esame, tranne la matematica. In questo lo aiuterà uno studente universitario, iscritto a Medicina in quel di Roma.
Con ogni probabilità dalla descrizione fattaci si tratterebbe di Carmine Parracino (classe 1924), il futuro e ben voluto direttore ed animatore della Biblioteca Comunale. In pochi mesi riesce ad ottenere una discreta preparazione, interrotta poi dal trasferimento di servizio in altra sede, di cui si dirà più avanti.
Tra i tanti ricordi del soggiorno rignanese, che gli affiorano nella mente, c’è quello della Madonna di Cristo, a cui la comunità è assai legata. La festa in suo onore si celebra il martedì in Albis nella sottostante cappella a lei dedicata.
Il 15 Aprile del 1952, Rosario vi partecipa per motivi di servizio assieme agli altri commilitoni. Scendono e salgono a piedi.
“Al pranzo all’aperto -ci dice il carabiniere- ci servono mozzarelle di bufalo, provenienti dalla vicina masseria di Palagano (proprietà De Majo) E non può essere altrimenti, secondo l’interessato, perché di questa razza se ne contano al pascolo vicino una decina e più a fronte di alcune centinaia di capi di razza podolica".
Quindi, con un pizzico di orgoglio e sottesa nostalgia chiosa: “Il sapore fresco e morbido di esse lo avverto ancora nella memoria e sulla lingua. Per l’occasione abbiamo scattato anche alcune fotografie. Speriamo che ne trovo una - conclude commosso".
La foto a mezzobusto risale al 1949 (Corso allievi CC di Torino).
Qualche giorno dopo, ne trova per davvero una di gruppo, che mi fa recapitare immediatamente tramite watts app. Ci sono tutti, celibi ed ammogliati, compreso il comandante Rizzo con la moglie Concetta Perrini di Alberobello e i suoi quattro figli, di cui un maschio, nati in luoghi diversi. Il comandante è in piedi a sx. Indossa la divisa blu, mentre accovacciato a dx. si trova Rosario con l’ultima figlioletta del capo, appena di due anni. Quest’ultimo lascerà Rignano nel 1955, dopo di che sarà trasferito a San Vito dei Normanni.
Dopo 18 mesi, nel 1953 il nostro carabiniere viene accorpato nuovamente alla squadriglia di San Marco in Lamis, lasciata nel settembre 1951. Qui vi resta sino al 24 ottobre del 1953. È costretto ad andare via a causa di un attacco di tifo, ragione per cui viene ricoverato all’Ospedale Militare di Bari.
Guarito, viene mandato in licenza di convalescenza al suo paese di nascita in Sicilia. Terminata la quale rientra a Bari presso la compagnia comando della legione. Qui resta, però, appena due settimane e destinato alla stazione CC di Via Carruba. Vi resta sino a luglio del 1955, per passare definitivamente alla stazione della Benemerita in Locorotondo. Città che dopo l’avvenuto matrimonio, sceglierà come sede definitiva di vita e di lavoro sino ai giorni nostri.
Qui nasceranno e cresceranno i suoi due figli, un maschio e una femmina, attualmente sistemati e sposati, a loro volta genitori di tre nipoti, che costituiscono l’orgoglio vero e sostanzioso di tutta la sua vita. Rosario, è felice. E’ felice – ci dice – soprattutto per aver conosciuto ed amato, oltre al luogo natale e alla città di lunga residenza, un paesino bello ed ospitale come Rignano, che tanto vorrebbe rivedere. Ma gli acciacchi degli anni, non lo permettono, a meno che non ci sia un colpo di fulmine, cioè qualcuno (forse il figlio) che lo ospiti, assieme alla moglie, in una capiente e comoda auto e lo porti sul nostro cocuzzolo, Covid – 19 permettendo . “Mi piacerebbe rivedere la caserma e il contiguo panorama.
Se ciò capitasse, mi riterrei l’uomo più felice della terra” - conclude con un groppo alla gola il carabiniere (si veda foto della vecchia e disusata caserma e il resto delle foto-ricordo).
Antonio Del Vecchio