Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, lunedì 22 aprile 2019 - Salsiccia al cartoccio, cotta sotto la cenere, è una specialità rignanese tutta da scoprire e riscoprire da parte dei palati fini., e non solo. Ha fatto bene l’amico Paglia a parlarne di recente  su Rignano Nostra.it.  Lo ha fatto con passione e  cognizione di causa e riproponendo,  con un pizzico di nostalgia, questo prelibato piatto, letteralmente sparito  dalla circolazione locale alcuni decenni or sono. Tanto, coll’avvento del consumismo, che preferì  al posto del legno l’utilizzo di altre fonti energetiche, quali il gasolio e il gas metano.

 

E, in seguito, ancor di più a causa della distribuzione di siffatte energie attraverso la rete, sempre più capillare e diffusa. Un tempo il re della casa era il camino e il suo sostituto mobile il braciere. Da qui, il duplice uso saltuario  per la cucina e fisso per il  riscaldamento di ambienti e stanze prive di camino. Capitava allora che durante la stagione fredda si ricorreva al braciere per arrostire o lessare questo o quell’alimento, come per esempio il ragù, il cui odore squisito al momento della cottura  inebriava strade e dintorni. Solitamente il salame si metteva nella carta ruvida e porosa, quella detta de “li maccarune”, per depositarla in fondo al braciere ben coperto dalla cenere e non dalla brace, come si è scritto erroneamente da qualche parte.

Il richiamo a questo antico pasto mi fa venire in mente una simpatica e comica scenetta, cui fui testimone. Abitavo assieme alla famiglia in un monolocale a piano terra ‘tuttofare’, ubicato  nell’affollata (ora non più) Via Portagrande, 13. Era una casa d’appoggio per i miei impegni politici amministrativi e per il fine settimana. Stabilmente, invece, abitavo a Foggia. Era una giornata uggiosa e fredda di fine novembre, allorché si presentò a casa Peppino la ’bionda’ con moglie e i suoi quattro figli a carico, con i quali eravamo a stretto gomito in occasione di avventure e disavventure. Già sull’uscio ci disse a bruciapelo: <<Tonino, abbiamo la salsiccia, dobbiamo arrostirla al cartoccio, per gustarla in compagnia e sfamare i nostri piccoli!>>.

E con il suo fare sornione, depositò l’involucro sulla ‘buffetta’, il minuscolo tavolo della nonna. Presi subito la carta di maccheroni, quella conservata a iosa e recuperata in occasione delle nostre compere quotidiane e, con l’aiuto comune degli adulti,  ci mettemmo subito all’opera. Dopo aver attorcigliata l’anzidetta budella, ed acconciata nella carta, la mettemmo in fondo al braciere, come era costume ed uso paesano. Quindi, mentre i ragazzi erano intenti a giocare tra di loro, noi ci intrattenemmo a ciarlare su questa o quella  novità paesana. Discorsi spesso  conditi di tanto in tanto di salaci commenti su corna e contro corna ed apprezzamenti vari diretti a questa o a quella famiglia o coppia.

E così via per una mezz’oretta. Ad un tratto attirò la nostra attenzione, o meglio le  nostre narici un forte ed appetitoso odore. <<E’ cotto! – esclamò Peppino - >>. Concetta e Sabina si diressero al braciere ed estrapolarono con delicatezza dall’incriminato cartoccio la sfrigolante budella. <<Oh come è buona e ben fatta - disse Sabina, impacciata- questa salsiccia fa svegliare persino i morti!>>. In quel mentre sentimmo bussare. Temendo qualche inopportuno scocciatore, uno di noi portò subito la ‘preda’ nel retro cucina, alle spalle della porta d’accesso. Aprii e notai che era Mustafà, il tunisino, quello con il quale avevamo stretto amicizia. E questo per via dell’orologio acquistato qualche tempo prima, ma soprattutto perché parlava bene l’italiano.  

Era un giovane ben fatto e persino laureato, venuto in Italia dalla Francia, dove aveva soggiornato e studiato fin da piccolo. In coro dicemmo: << Entra, entra… vieni ad assaggiare un pezzo di salsiccia!>>. Non  se lo fece dire due volte.  Con sommo nostro  stupore l’uomo in tronco  fece dietrofront e corse via come un fulmine. Per questione di religione si era fortemente scandalizzato. Da allora  non lo vedemmo più. Intanto, nonostante fossimo un po’ dispiaciuti, ci mettemmo presto  a consumare la nostra prelibatezza, unita al pane casereccio e a qualche bicchiere di vino rosso.