Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, mercoledì 26 dicembre 2018 -  Tra qualche giorno festa grande per i 90 anni di Jisèppe Furnaridde,  (piccolo fornaio, dal mestiere di famiglia), a Rignano Garganico. Si tratta di una vecchia gloria e zoccolo duro della locale sezione dell’ex- PCI, alias Partito Comunista Italiano, per quanto si dirà. Precisamente il suo nome anagrafico è Giuseppe Coletta.  Lo abbiamo incontrato qualche sera fa, memori anche della sua recente vedovanza di Maria, la donna della sua vita, per informarci del suo stato di salute ed augurargli anticipatamente l’imminente Buon Compleanno. “Bene! - ha risposto con la sua voce timbrale e chiara- sono pronto per fare qualsiasi battaglia politica ”.

 Ci confidiamo. Ad un certo punto tira dal proprio portafoglio, oltre alla sua fotografia “in divisa” (vedi foto),  l’immancabile tessera d’iscrizione al Partito di Togliatti, datata 1946. La stessa, in considerazione dell’anno e dell’età, è una delle più antiche d’Italia.Tutti, in  paese ed altrove, lo ammirano per la sua indiscussa e primiera fede politica alla “Peppone”, di nome e di fatto, come l’originario capo del Cremlino. Ecco la sua storia, scritta e pubblicata per la prima volta, a nostra firma e cura, su questo quotidiano online e su altri giornali, una ventina di anni fa. Biografia, quest’ultima, che resta ancora com’è in termini di generale simpatia e stima. <<  Nato a Rignano Garganico ed ivi residente in Via Purgatorio 41, ha vissuto l’intera sua vita all’insegna del credo “comunista”,  fermamente convinto sin dalla prima ora, e lo è ancora,  che esso avrebbe trionfato in tutto il mondo, riscattando le classi meno abbienti dalla miseria, in cui lo teneva relegato il capitalismo.

 In gioventù, quando non ancora avevo la maggiore età per l’iscrizione regolare al Partito, accettai volentieri di far parte della schiera dei “garibaldini”. Correva l’anno 1946. A quei tempi, l’Italia  uscita disfatta e sconfitta dalla II Guerra mondiale, era completamente in rovina e a mala pena ci si riusciva a sfamare in famiglia, come la sua. Figuriamoci per pagare una tessera di partito, a cui aspirava dopo aver compiuto il 18 ° anno d’età. Non ci pensò due volte. Egli voleva quella tessera ad ogni costo, perché per lui significava il suo futuro di uomo libero. Così ché un bel giorno, allacciati gli “scarponi” (calzature fatte in casa, con tomaie in tela grezza  e base in gomma, ricavata da vecchi copertoni di ruote di autocarri di guerra), si recò a bosco Iancuglia (a tre chilometri dal paese). Qui, dopo aver tagliato la legna con una scure e fatto un fascio consistente, fece ritorno e in pochi minuti riuscii a smaltire il carico, vendendolo ad un buon prezzo. Cosicché con la somma ricavata potette pagarsi la prima tessera di iscrizione al Partito Comunista Italiano di Palmiro Togliatti, diventandone da subito un attivo militante.

Per tutti gli anni a seguire è stato un tipo tenace e fermo nelle proprie idee. E in questo cammino ha avuto riconoscimento e stima non solo da parte dei compagni di base, ma anche dai dirigenti politici di livello più alto e dai parlamentari del Partito. Per questo non ha mai rinnegato le sue idee ed è andato sempre diritto per la sua strada. Spera che in futuro il suo percorso di vita possa essere un buon esempio e stimolo per quelli che verranno dopo di lui. Nel 1944 suo padre, a cui somigliava molto e che aveva le sue stesse idee fu ucciso in piazza da un carabiniere per una discussione banale inerente alla vendita del tabacco. Per lui e la famiglia fu un colpo molto duro che lo segnò per tutta la vita. Forse si deve a questo tragico episodio la spinta maggiore alla coerenza e fedeltà verso il partito da parte sua e dei suoi altri fratelli, di cui due non ci sono più. Quando Giuseppe Di Vittorio teneva comizio nella vicina San Marco, egli non mancava mai a questo importante appuntamento. Si allacciava gli “scarponi” e si metteva lesto a percorrere a piedi i sette chilometri che lo separavano da quel paese. All’ingresso però rimetteva nel tascapane gli “scarponi” e calzava le scarpe da festa.

Ci teneva tanto, perché per lui il comizio era una festa e voleva fare sempre bella figura con i compagni e il comiziante di turno, che al termine del discorso salutava con un forte abbraccio e con il caloroso plauso: Evviva il Partito Comunista! All’età di 17 anni, è  andato a lavorare in campagna,  senza un pezzo di pane, perché vi era la miseria. Lavorava alla giornata e per raggiungere il luogo di destinazione, percorreva solitamente tra andata e ritorno circa una ventina di chilometri. L’impresa più dolorosa era la salita della’mersa’, che gli faceva sudare tanto. Pensate che  ogni volta si scolava un’intera borraccia d’acqua! Un ricordo che lo fa ancora arrabbiare è quello legato all’Ente Riforma. All’epoca furono assegnati poderi a famiglie con due o tre figli, mentre a quelle numerose con un nucleo familiare anche di 7 o 8 figli, questo diritto era negato perché avevano idee politiche diverse da quelle del partito dominante. “Ditemi voi – esclamò con cruccio - se questo è democrazia!”.

Nel 1958 è emigrato in Germania, dove ha svolto lavori umili e poco remunerativi, come spala -  neve,  becchino nei cimiteri, manovale nei cantieri, garzone da fatica nei magazzini, ecc. Ma il lavoro più faticoso è stato quello in miniera. Vi fu costretto per guadagnare un po’ di più e per inviare alla famiglia in Italia una rimessa maggiore,  che in parte serviva per sfamarla, il resto per far crescere il conto alla Posta, destinato all’acquisto di una casa. Un sogno questo che ha realizzato in futuro. In miniera ha lavorato 12 mesi così come previsto dal contratto. In questo periodo ha avuto tanta paura, perché  quello che faceva era un lavoro pericoloso e temeva di essere da un momento all’altro di rimanere sepolto sotto qualche frana, come è accaduto qui ad un compaesano e ad un altro  ancora a Martinelle in Belgio. Dopo essere stato 26 anni in Germania, è  rientrato a Rignano, al suo caro ed amato  paese natale. Anche qui soffre (così ritiene) per una grave ingiustizia. Ogni anno dalla pensione tedesca, conquistata come sapete a prezzo di duri sacrifici, viene detratta il 27% di tasse, come se fosse stato lo Stato Italiano ad avergli garantito il lavoro, così come vuole la Costituzione.

Spera che la Sinistra possa riuscire a sanare presto questo difetto di legge, che molti ritengono normale perché qualche sindacalista ha detto che siamo in Europa e tutti devono pagare le tasse, dimenticando che in altri Stati e Nazioni le condizioni di vita sociale sono migliori delle nostre e le pensioni sono più alte. Da quando è rientrato a Rignano ha continuato sempre a fare l’attivista di partito. Non si tira mai indietro, qualsiasi sia l’ostacolo e il tipo di lotta. La sua passione per il Partito Comunista andrà avanti fino a quando resterà in vita (ci rassicura con i suoi occhi buoni ed intelligenti), come è andato avanti, anche quando si trovava in Germania. All’epoca gli è stato difficile, perché non solo non sapeva leggere e scrivere, ma non conosceva neanche un po’ di tedesco. Tuttavia, a quei tempi era vietato parlare di comunismo. Ma egli lo faceva sempre con i suoi compagni di lavoro, convinto sempre che il pensiero nasce libero e libero deve restare>>. A festeggiare Giuseppe questa volta, assieme alla comunità, ci sarà l’intera famiglia che, nonostante ha solo due figlie, conta tra diretti ed indiretti una cinquantina di eredi. La presente testata vi si unisce, augurando all’interessato tantissimi altri anni ancora!