Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, martedì 27 marzo 2018 -  Per davvero sui generis ed emozionante la Via Crucis Vivente, svoltasi ieri sera, 25 marzo, nella Chiesa Matrice dell’Assunta, a Rignano Garganico. Una rappresentazione seguita con viva attenzione e rapimento dalla vasta e variegata platea, disposta a semicerchio in entrambe le navate laterali, lasciando libera quella centrale per attori e comparse in costume d’epoca. Si parla di una cinquantina (tanti per una popolazione di appena 2000 abitanti) che si sono immedesimati nei vari personaggi, quasi che fossero veri.

 La gente presente, di cui molti forestieri,  dall’inizio alla fine era visibilmente emozionata e commossa, non si sa se per il tragico racconto evangelico del Dio fattosi uomo per la salvezza dell’umanità, o per la straordinaria bellezza architettonica del tempio rinascimentale (origine romanica), reso ancor più prezioso dagli affreschi di Natale Penati, pittore milanese doc del secolo scorso.  Si è cominciato con le tentazioni nel deserto, dove Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato tre volte dal diavolo (Maria Antonietta). Vi andò dopo aver digiunato per 40 notti e 40 giorni assieme ai suoi discepoli, che si addormentarono. Il Cristo le respinse e alla fine scesero dal cielo gli angeli per servirlo. La voce fuori campo, quale narratore del Vangelo, è assolta dal parroco Don Santino Di Biase, mentre la figura di Gesù viene interpretata con vivo coinvolgimento da Manuel Sfirro.

Avvicinandosi la Pasqua, il sinedrio capeggiato dal sommo sacerdote Caifa (Giovanni) decide di fare arrestare Gesù e manda le sue guardie in giro per trovarlo. A questo punto, uno di essi incontra il discepolo Pietro (interpretato dall’omonimo Pietro Bergantino), domandandogli dove fosse il suo Signore. Quest’ultimo, per tre volte negò di conoscerlo. Era l’alba. Il gallo cantò per tre volte, così come gli aveva presagito tempo addietro Gesù (mi negherai per tre volte). Arrestato il Cristo viene tradotto da Ponzio Pilato (ben interpretato da Luciano Draisci), il governatore romano, cui spettava l’esercizio giurisdizionale. Quest’ultimo, riconoscendo l’imputato onesto e buono,  cerca di contraddire i suoi accusatori; alla fine non riuscendo a domare la folla degli ebrei che lo voleva crocifisso ad ogni costo, cede  al ricatto, lavandosi le mani . Un modo di dire e di fare che rimarrà un proverbio per tutti i secoli a venire.

E allora che il Cristo assieme a due ladroni (Damiano e Graziano) viene costretto a portare la pesante croce sull’accidentato percorso diretto al Colgota, luogo fuori Gerusalemmte destinato alle esecuzioni capitali. E questo non prima di aver subito la flagellazione. Durante il tragitto Gesù, manifestando tutta la sua umanità, soffre pene indicibili, cadendo più volte. Le pie donne, compresa la Veronica (Michela), gli asciugano il sudore e le lacrime. Ad un certo punto un passante (Aurel – Michele), assai colpito per il dolore del Cristo gli  viene in soccorso, condividendo per un tratto il peso della croce. Finalmente si giunge al monte Calvario. Qui si provvede dapprima a crocifiggere i due ladroni. In chiesa si odono i colpi secchi del martello. Ed ognuno ha una stretta al cuore. Altrettanto si fa per il Cristo, la cui croce viene issata al centro.

Si avvicina la Madonna (interpretata da Katia Fania) con il discepolo Giovanni (Antonio), Maria di Cleofa (Noemi) e Maria Maddalena (Amalia). Qui,  maturano le note consegne che fa il Cristo morente alla Madre e al suo discepolo preferito, che tutti sappiamo. In giro regna il massimo silenzio e si avverte qualche singhiozzo. Le luci vengono dapprima ridotte al minimo e poi vengono spente del tutto per alcuni minuti. Crescono i singhiozzi e  il dramma è compiuto.  Seguono le meditazioni – riflessioni sui personaggi e sulla passione, brillantemente recitate da Giovanni e Giulia.   

N.B. Tra parentesi i nomi dei restanti interpreti.