di Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, domenica 11 marzo 2018 -  Peppino Prencipe, il più grande fisarmonicista di tutti i tempi non c’è più e lascia la sua Monte Sant’Angelo e l’intero Gargano, attoniti, perché con lui se ne va un altro pezzo importante della sua umanità e creatività. Nella città dell’Arcangelo era nato nel 1927. Le sue ardite e ritmiche suonate se le ricordano tutti, specie quelli dell’età  dei dischi vinile sia a 78, sia quelli a 45 giri e a 33. Nelle serate da ballo di un tempo, di solito fatte in casa, non mancava mai un suo disco da ballo, dove era inciso oltre alla casa discografica, anche il suo nome.

 Tra le sue composizioni più note, da evidenziare El bandito, il Volo del Calabrone, ecc. Altrettanto nota era la sua origine montanara, che veniva citata in ogni occasione con manifesto orgoglio da noi conterranei.  Chi scrive la prima volta che ebbe modo di conoscerlo e parlarci  di persona fu alla fine degli anni ’60. L’evento capitò nella sua ‘villa’ a Cinisello Balsamo. Mi ci portò l’amico Pasquale Palmieri, originario di Sannicandro Garganico. Quest’ultimo, a quei tempi era un affermato paroliere e appassionato discografico. Tant’è che in Via del Corso a Milano aveva una sede propria, denominata ‘Palmierama’. Stavamo sempre insieme, io studente universitario iscritto, però, a Napoli, venuto da poco nel milanese, a cercar fortuna, e lui dipendente di ruolo nell’antica ed affermata tipografia e casa editrice ‘Cino Del Duca’ (grande cineasta, editore, politico socialista ed animatore culturale trans nazionale, ecc.) in Niguarda (MI), dove si stampava il mensile “Historia”, di cui ero un fervido lettore.

Avevamo entrambi in comune l’amore per il Gargano e per le belle parole e la composizione letteraria in generale. Dal mio canto, io già avevo pubblicato articoli sui giornali nazionali e avevo cominciato da poco a collaborare ad una appena nata rivista di quartiere. Un pomeriggio, l’amico Palmieri, dopo aver preso appuntamento, mi portò alla suddetta residenza di Prencipe. Quest’ultimo, sapendoci compaesani,  ci accolse con grande calore e simpatia. Ci intrattenemmo per più di  un’ora. Il mio amico gli parlò delle sue iniziative canore e discografiche, io delle mie necessità di trovare un lavoro stabile per auto mantenermi agli studi e l’altro dei suoi freschi successi ottenuti in tutto il mondo, mostrandoci  nel contempo con orgoglio le varie coppe, trofei e menzioni speciali conquistati in ogni dove, compreso il riconoscimento della “fisarmonica d’oro”, gelosamente custodite ed allineate nel suo studio – laboratorio.

Al termine ci salutò con affetto, abbracciandoci, e andammo via con il cuore in gola, orgogliosi di aver conosciuto il grande uomo. Da allora non l’ho più visto, seppure, negli anni a seguire, costantemente informato tramite stampa su di lui sino a qualche anno addietro, ritornato com’era sui propri passi e radici. Addio Peppino, resterai per sempre nei nostri cuori e nella nostra mente come esecutore ed interprete di uno strumento che riflette i ritmi e la cadenze dei nostri dialetti e della nostra terra!