Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, sabato 30 dicembre 2017 - Il cimitero è il monumento più caro nei ricordi e nella storia di ogni piccolo paese, come Rignano Garganico. Lo è per il fatto “che chiude l’uno e l’altro parente”. Per esempio, se qualcuno dimentica le proprie origini ed ha difficoltà per ottenere al momento il certificato di famiglia integrale, basta recarsi nel luogo santo per sopperire alla bisogna, rilevando i nomi dei propri avi incisi sul marmo con tutti i dati occorrenti, specie quando le sepolture sono concesse in perpetuo.
Quello in uso è il terzo della serie dopo la riforma napoleonica di inizio ‘800 che vietava il seppellimento in chiesa per motivi igienici. Da qui prende spunto la nota ed omonima poesia del Foscolo. Prima di esso, c’era il camposanto ‘antico’, come era definito un tempo, che sorgeva con fossa unica sul viottolo per Petruscelli, a mezzo chilometro dal paese. Subito dopo fu soppiantato da quello ‘vecchio’ costruito più in là a qualche centinaio di metri dalla chiesa di San Rocco (a quel tempo fuori dal paese). Era ben messo. Posto sul belvedere Est, lo si notava da lunga distanza per via del suo caratteristico cappellone con cupola costellata da piastrelle colorate. Sul muro esterno di essa c’erano alcune lapidi in marmo della famiglia Ricci, tra cui quella del letterato verista Giulio Ricci, deceduto nel 1890. Tutt’intorno c’erano alcune fosse comuni.
Negli anni’50, poco prima di essere abbattuta, per via del tumultuoso sviluppo edilizio nei dintorni, vi venivano i ragazzi per raccogliere i bottoni degli abiti dei defunti, indispensabili per il loro gioco a “ frumèlle”= formelle (così si chiamava). Il gioco era un antenato di quello con le palline di vetro. A proposito di fosse comuni, una leggenda paesana racconta che ai tempi del colera una donna venne seppellita viva. Durante la notte, la stessa svegliatasi dal torpore, riuscì a sollevare il grosso lastrone che copriva la fossa e uscì fuori, raggiungendo la propria abitazione. Ma i suoi famigliari, anziché gioire per il congiunto “resuscitato”, si preoccuparono a torto delle dicerie della gente e delle eventuali reazioni negative da parte delle autorità. Cosicché la riportarono a forza nel luogo dove era venuta, ricoprendola di nuovo con l’anzidetto lastrone.
A quei tempi il dismesso camposanto era utilizzato in un primo per il ricovero della Carrozza mortuaria e successivamente degli attrezzi e carri degli spazzini comunali. Il nuovo cimitero comunale, posto sulla rotabile per San Marco in Lamis, ad un chilometro e passa dalla cittadina venne costruito negli anni 1902 - 1903 e consegnato per quanto si dirà nel 1904. Il progetto della struttura fu redatto dall’ingegnere Francesco Priore nel 1900 ( che ne sarà anche direttore dei lavori) su commissione del regio commissario Giuseppe Tagliaferri. L’opera era stata affidata, mediante appalto con licitazione privata del 9/11/ 1901, alla ditta Del Mastro Francescantonio di San Marco in Lamis, Il tutto, che costò alle casse comunali la somma di L. 18.363,27, come risulta dai deliberati del predetto regio commissario, fu collaudato dall’ing. Alfonso Piccirella con contestuale consegna nell’aprile del 1904. Ciò permise alla ditta di poter ritirare dalla tesoreria provinciale la somma di L.2000 versati a titolo di cauzione.
Ecco, come la struttura si presentava e si presenta ancora. All’inizio del cancello di ingresso in ferro vi sono due stanze, quella a sinistra per il custode e a destra per deposito. Nel centro sul viale vi è la Cappella Comunale, con sottostante ossario. Affiancate ai muri della cinta perimetrale erano previste e poi realizzate molte nicchie private, per quattro loculi in altezza più ossario, sotto il piano terra. In vista dell’esercizio si provvide pure all’acquisto delle piante ornamentali, composte da cipressi grandi e piccoli, da tigli e lillà per recinzione, rilevate presso il Sig. Donato Parisi al prezzo di L. 159.10. Nel contempo si provvide anche all’acquisto di una carrozza funeraria, fornita mediante trattativa privata da una ditta foggiana, al prezzo di L. 500, così descritta in atto: carro a 8 colonne, con traino nero filettato giallo ed il rimonte pure di colore nero, verniciato a mezzo pomice o stile di carrozza con duratura in ore a polvere in tutte la parti a rilievo; con bilancia o forcine a due o a quattro cavalli con montature in velluto nero, gallonato e stellato in argento.
Il tutto provvisto dei consuetudini accessori: fanali, freno, chiavi, ecc. Primo custode del cimitero, a seguito concorso, fu nominato Michele Iannacci fu Giuseppe, sostituito l’anno dopo per dimissione da Angelantonio Draisci. Anche per i becchini fu caratterizzato dal medesimo valzer di sostituzioni e qualche licenziamento. Il due agosto del 1905 si dette seguito pure alla concessione di suolo e di loculi. In primis, fu concessa alle sorelle Carolina e Maria Ricci fu Pasquale a destra del viale d’ingresso un suolo per la costruzione di un Sepolcro di famiglia. Lungo i muri perimetrali furono invece concesse delle nicchie in perpetuo a: Ricci Giuseppe fu Gaetano; De Maio Francesco fu Raffaele; cav. Antonio De Maio fu Raffaele; Ricci Pietro e Pasquale ; Martelli Patrizia fu Giuseppe. Non ci furono più le fosse comuni, ma la distinzione tra ricchi e poveri, nonostante il noto detto che la morte uguaglia tutti, continuò ad esserci anche nei decenni successivi.
Infatti, per il seppellimento dei primi ci si avvalse delle nicchie o loculi in muratura; per il resto del semplice sotterramento. Negli anni ’60, ’70 e ’80 furono costruite altre cappelle, che ospitarono all’interno e all’esterno una miriade di loculi che, questa volta, servirono per tutti, senza alcuna distinzione. Da qualche anno è in funzione anche il contiguo ampliamento con tombe singole in loculi e cappelle familiari.