Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, venerdì 29 dicembre 2017 -  La microstoria è strettamente collegata ed intrecciata alla grande storia, intesa in senso temporale e spaziale e di essa rappresenta il particolare o dettaglio.  Tanto accade quando si vuole fare la storia di un piccolo centro o di un movimento politico o culturale. E’ il caso di un partito, come quello socialista, la cui storia locale ci aiuta a scoprire ed a conoscere personaggi e fatti, destinati ad essere cancellati da una crescente coltre di oblio. Da qui l’importanza del v. “Il Movimento Socialista, a San Marco in Lamis” di Michele Galante, presentato in pompa magna qualche mese addietro nella sua città di origine.

 Tutto questo starebbe a dimostrare, secondo alcuni soloni,  la forte voglia di far politica. Voglia cancellata completamente negli ultimi vent’anni dalla cosiddetta seconda Repubblica, che ha reso grama la esistenza dei partiti, nonostante il loro ruolo ed utilità fosse garantito dalla Costituzione.  Ora sulla scia di quanto già esaurientemente esposto dallo stesso ex-parlamentare  durante la sua lezione storica tenuta il 19 dicembre u.s. sui “Moti per i canoni demaniali” scoppiati a Rignano nel 1904, eccone una trama su cui intessere da subito  la storia del Movimento Socialista a Rignano, dalle origini agli anni ’90 dello scorso secolo (materia di una relazione letta da chi scrive). A portare in paese le prime idee progressiste sono stati certamente i ‘figli di papà’ aspiranti ad una laurea nelle Università più vicine, in  primis quella di Napoli, contagiati com’erano dalle novelle idee di libertà, giustizia e democrazia, che qui avanzavano sin dalla caduta del regno borbonico.

Tra questi troviamo anche Giulio Ricci (1862-1890), autore del romanzo verista Rosedda, ripubblicato a cura di chi scrive, per i tipi della Regione Puglia, nel 2001, intriso di riferimenti alle campagne elettorali della sua epoca (pp.41 - 42).  Per lo più a conquistare quei giovani studenti erano le idee repubblicane internazionaliste, coltivate e propagandate prima dai mazziniani e successivamente dai garibaldini, in virtù del fatto che pure l’eroe era un internazionalista. Infatti, prima di sposare la causa monarchica e l’unità d’Italia,  quest’ultimo aveva combattuto in ogni parte del mondo per la libertà di altri popoli.  Di lui il Ricci è un ardente seguace. Non a caso vanta una lettera di elogio scrittagli in quei tempi, di cui ora non si ha alcuna traccia.

In alcuni capitoli dell’anzidetto libro egli riporta alcuni episodi significativi sulle aspre lotte del momento tra la fazione progressista (borghesia illuminata) e i conservatori latifondisti sostenuti dal clero, che, durante le elezioni locali, pur di raccattare voti, lanciavano scomuniche dal pulpito o entravano di notte nelle case con l’ostensorio nascosto sotto la tonaca, pronti a strappare in nome di Cristo coscienze e consensi della povera gente. Siamo negli anni’80 del secolo XIX. Nel ventennio successivo cominciano ad attecchire le idee classiste e socialiste, che si manifestano attraverso l’attivazione delle società di mutuo soccorso, prima, e poi dei circoli e  delle leghe bracciantili, artigiane, ecc. E ciò sulla falsa riga dei passati monte frumentari, che prestavano il grano per le semine. Un’opera puramente filantropica che lasciavano invariata la condizione dei contadini e dei bisognosi.

Con l’avvento dell’azione educativa (si insegna a leggere, a scrivere e a dibattere) presso il circolo socialista locale, gli iscritti ed indirettamente anche le loro famiglie cominciano a comprendere i loro diritti ad a ipotizzare le prime lotte rivolte alla conquista di un pezzo di terra in demanio montano, quello in pianura era già stata strappato e riscattato  dai rinati latifondisti che non erano più i nobili e la chiesa, ma i cosiddetti nuovi ricchi: i De Maio, i Ricci, i Piccirilli, ecc. Pochi decenni prima, assieme ai Corigliano, baroni e marchesi di Rignano, anche la Chiesa aveva un consistente patrimonio terriero, stimato poco meno di 400 versure (terra dei preti), attualmente ridotto a 40 e rimasto (non si sa perché) sotto la giurisdizione della Curia di Manfredonia.  Bisogna precisare che le prove generali della rivolta rignanese si faranno l’anno prima. Precisamente il I Maggio in quel di Casarinelli, quartiere periferico di San Marco in Lamis, assieme ai socialisti di  quella città. E ciò a causa del divieto imposto dalle autorità di tenere la manifestazione in piazza. Ed ora ecco i primi nomi di socialisti. All’inizio del ‘900, capo-lega dei contadini - braccianti rignanesi risulta essere Domenico Fania. Il sodalizio da lui diretto conta oltre un centinaio di iscritti su una popolazione di circa 2000 abitanti circa. I consiglieri comunali  socialisti, seduti sui banchi dell’opposizione sono: Venanzio Ponziano (sarà sindaco nel 1919, per un solo anno), Giovanni Gentile, Pasquale Montesano ed altri. Altresì si apprende che, a seguito della sommossa del marzo 1904, sono denunziati e processati una cinquantina di manifestanti, di cui due finiscono agli arresti, un terzo si dilegua. Si tratta di Erminio Del Priore, Giovanni Iannacci, Saverio Martelli (quest’ultimo aspirava a diventare segretario comunale) e Giovanni Muscarella. Tra i manifestanti più accessi c’è anche Matteo Gianfelice. Tutti sarebbero stati  difesi dall’avvocato Ernesto Mandes di San Severo, anch’egli socialista di prima linea come i suoi colleghi e compagni di partito e di professione, Michele Maitilasso, operante nella vicina San Marco in Lamis, Leone Mucci, ecc. Diversamente da quanto anticipato in altro scritto , la sommossa è alimentata dall’azione di propaganda del locale circolo socialista,  ispirato a Filippo Turati ed a Enrico Ferri (il primo resterà sempre fedele assieme alla sua compagna russo-ucraina, Anna Kuliscioff, e a Maria Montessori, entrambe definite le ‘dottore’ dei poveri e prime femministe, per antonomasia), l’altro, valente criminologo ed attore nelle file socialiste integraliste passerà armi e bagagli negli anni successivi nei ranghi del movimento fascista. Riguardo al tema  affrontato dal Galante, occorre subito precisare che rivolta in parola scoppia nei giorni 10 e 11 marzo. Lo si rileva dall’arrivo ed alloggio in paese di soldati ed ufficiali, qui intervenuti per sedare gli animi. Dall’anzidetto deliberato esecutivo emanato dal regio Commissario De Masselli si legge, infatti, testualmente: “L’anno millenovecento quattro, il giorno quattro del mese di aprile in Rignano Garganico, il regio commissario per al temporanea amministrazione di detto Comune (appunto il De Maselli) assistito dal segretario comunale (Vincenzo Piccirilli), atteso che si è dovuto provvedere all’alloggio degli ufficiali e soldati, qui venuti in seguito ai tumulti del 10 e11 marzo 1904: atteso che per le condizioni del luogo, e per la mancanza di locali destinati per gli alloggi è stata una necessità stabilire i seguenti contratti: 1°) con Del Vecchio Giovani fu Michele L. 1,50 al giorno per l’alloggio dei soldati; 2° con Sollazzo Matteo (dal 29 giugno del medesimo anno sarà sindaco) L. 3,00 al giorno per l’alloggio di due uffiziali, compreso l’obbligo di fornire l’acqua alla truppa; 3° con Caruso Pietro Paolo fu Salvatore L. 1,50 al giorno per l’alloggio del Capitano. Visti gli articoli…Delibera e approva i suddetti contratti…Seguono le firme del Commissario e del Segretario. Nella delibera del 16 aprile si capisce bene il perché della sommossa. Infatti, richiamandosi al deliberato del 20 febbraio del medesimo anno l’anzidetto Commissario ribadisce la richiesta di pagamento  ai possessori dei terreni demaniali canoni e frutti arretrati, maturati negli anni 1900 e 1901, con la formazione di tre ruoli. Il primo comprende i terreni siti  alle contrade Pescororosso e Jancuglia; il secondo quelli di Pozzolomiero, Lamasecca, Petruscelli e Pastini; il terzo: Centopozzi, Caracciolo, Madonna di Cristo, Palagano e Marcivico. La tassazione arretrata,  oltre a quella corrente,  di cui non si conosce l’entità (sicuramente esosa) dovrà essere saldata entro e non oltre  il 30 aprile prossimo, cioè entro pochissimi giorni, con l’obbligo al tesoriere di attenersi strettamente alla normativa vigente, che prevede confisca e sequestri. Trattandosi di decine e decine di possessori, ad eccezione di pochi benestanti, quasi tutti in estrema povertà, la vicenda è accolta con malumore estremo, forse anche perché a soffiare sul fuoco non sono tanto i socialisti o la Lega quanto gli stessi possessori ricchi, che del demanio ne avevano acquisito gran parte delle terre (ci si riferisce sia ai Demaio, sia ai Ricci, i maggiori possessori di terre ex-demaniali non solo nella piana, ma  anche in montagna). I deliberati del Commissario parlano ad  un certo punto di avvenuta dilazione dei pagamenti. Forse sono stati proprio questi atti a far cessare il fuoco della protesta, più che l’intervento dei militari.  Tutto questo lo si evince dal rimborso concesso all’esattore comunale Antonio Martelli  di  3859 lire per il prestito fornito alla bisogna (delibere del 6 e 20 febbraio 1904) per “i debitori di censi, frutti e spese demaniali”. Da rilevare  ancora che nel 1901 i  territori della Difensola San Martino (il secondo nome in seguito omesso) ad ovest di Rignano è alienata da regio Commissario Tagliaferri. E questo perché si sono venute a creare arbitrarie usurpazioni da parte di innumerevoli contadini rignanesi. Si parla di una cinquantina tra poveri ed anche agiati. Quindi, il malumore del 1904 viene da lontano. In conseguenza anche allora si accendono infinite liti, nonché atti giudiziari, che grave danno procurano all’erario comunale. Mentre la tenuta di Paglicci viene venduta nei decenni precedenti dopo l’Unità direttamente dallo Stato ai privati, quella della Difensola, pure demanio statale,  viene acquistata dal Comune per 11 mila lire. Successivamente, smembrata in sessanta lotti di svariata misura, viene assegnata agli occupatori affamati, dietro il pagamento dei canoni di legge. Anche la tenuta di Iancuglia avrebbe fatto la stessa fine a seguito di arbitrarie occupazioni, ma non sarà così per via del pronto ed energico intervento delle forze dell’ordine mandate dal Governo. Il partito, a seguito delle riforme giolittiane (contratti di lavoro, adeguamento salari, infortuni e invalidità, riduzione lavoro minorile, ispettori di lavoro, suffragio universale maschile ) allarga notevolmente la sua base elettorale, tanto da portare sul più alto scranno cittadino, all’indomani della fine della I Grande Guerra, il più volte nominato Venanzio Ponziano. Segue il ventennio fascista senza note di rilievo. Il risveglio si avrà, come altrove, nel dopoguerra prima col frontismo e poi in autonomia. Nella prima tornata amministrativa del 1948 la sinistra è sconfitta dalla DC, che elegge come sindaco Pasquale Ricci, che governa di filo. Alle elezioni successive per dissidi interne allo scudocrociato si afferma la lista di sinistra con il sindaco operaio-contadino e dirigente della Camera di lavoro, Giovanni Tusiano (PCI), che ha a suo fianco come vice i socialisti Giuseppe Partipilo e l’assessore Pasquale Campanale. Gli stessi negli anni 60-70 sono fondatori assieme a chi scrive, ai Turco, ai Iannacci,, ai Di Claudio, al geometra d’Atti, a Matteo Vigilante (avvocato e pretore onorario di San Marco in Lamis), ad altri di un rinato Partito socialista, che non ha altra esperienza che quella post ‘48 e in eredità una bandiera sgualcita, il cui simbolo risulta del tutto  cancellato con la sopraffazione di quello del  PCI, nonché alcune sedie e  un tavolo sgangherato. Alle elezioni del politiche del 1968, ricompare con il simbolo, ed ottiene 48 voti alla Camera e 75 voti al Senato (candidato Teodoro Moretti, longevo sindaco di Rodi Garganico). Dopo qualche anno, il partito viene rinforzato dall’ingresso delle nuove leve. Il riferimento è Carlo Battista (sindaco, presidente INPS e segretario provinciale aggiunto CGIL), Pasquale Di Carlo (assessore e segretario provinciale Metalmeccanici –CGIL), Antonio Aniceto, indispensabile factotum assieme a Giovanni Viola,  idem Giovanni Novelli (dirigente di primo piano sempre nella CGIL della Puglia, quale segretario della Federbraccianti e poi della SPI),  Angelantonio Draisci (sindaco e v.sindaco), Vincenzo Buttacchio, regista – sceneggiatore della “piazza” dei comizi, Giuseppe Piccirilli (assessore e sindacalista),  Giuseppe Viola (v.sindaco),  ed altri ancora del nuovo PSI post-frontista, che avrà il suo apice di successo in termini di voti ed importanza con l’ascesa al massimo scranno cittadino del ventenne Matteo Viola (1979-1983), ritenuto pro tempore il più giovane sindaco dello Stivale. Alle elezioni europee del 1980 con 505 voti e il 30% sotto la segreteria politica di chi scrive, ha la massima percentuale in provincia. La sezione PSI rimane sempre presso la sua agevole sede ubicata al piano terra di Largo Palazzo, palcoscenico naturale per i tanti comizi politici, suoi ed altrui succedutisi nel corso degli anni. E’ qui resta sino alla sua chiusura definitiva e diaspora, avvenuta agli inizi degli anni ’90 a seguito di Tangentopoli e all’avvio della II Repubblica.