Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, venerdì 24 novembre 2017 - Tanto pé cantà …! E’ una canzone romanesca del 1932 (Alberto Simeone, testo, ed Ettore Petrolini, musica,), riscoperta negli anni’70, grazie alla interpretazione fatta da Nino Manfredi al Festival di San Remo, che l’ha resa popolare. E questo non a torto. Infatti, la poesia come il canto e la musica può avere origine ed ispirazione popolare, a prescindere se antica, moderna o attuale. Importante è che piaccia al pubblico che l’ascolta, che è l’unico vero giudice.
E’ il caso di “Paése mije”, una poesia di Angela Stilla, musicata dal sammarchese Michele Giuliani (noto con lo pseudonimo di Mikalett’). L’ha rispolverata con arrangiamenti eseguiti da strumenti musicali vari, come chitarra battente, violino, pianoforte, ecc. Il ritmo è il valzer. In un primo momento si pensava al pop -rock, ma poi lo si è scartato, perché poco si addiceva alla sua ricchezza poetica e sentimentale. Per essa dagli stessi musici è stato inciso un bellissimo CD, corredato dalle foto dei luoghi di Michele La Riccia e messo a punto, in veste di produttore - musicologo da Luigi Ciavarella. Tra l’altro al piano ha operato il maestro Michelangelo Martino, mentre al mandolino, Michele Ceddia, portato a forza grazie ai suoi 81 anni. Stupendi i sofisticati arrangiamenti, creati con passione dall’inesauribile cantautore, Ciro Iannacone.
Con ogni probabilità saranno realizzate un centinaio di copie-incisioni, da distribuire per l’occasione. A promuovere il tutto ci ha pensato il Circolo culturale “Giulio Ricci”, d’intesa con l’Associazione”Talia” e l’assessorato comunale alla Cultura. Il testo come la musica – a quanto ci è stato confidato – non ha l’ambizione di salire in cattedra per un eventuale successo, quanto quello di divertire e basta, in sintonia con Tanto pé cantà citata all’inizio. E così sarà allorquando la canzone sarà presentata in pompa magna al paese che le ha dato i natali, ossia Rignano Garganico. Si parla delle prossime festività natalizie. Non solo le parole che sono originali ed avvertite, ma anche l’ambientazione è convincente. Si tratta del centro storico di origine e fattura medievale.
Luogo, quest’ultimo, dove si assiepava negli anni ’70 la totalità della popolazione al pari dell’autrice, insegnante di poche parole, tutta dedita alla scuola e alla frequentazione ecclesiale. Da questo punto di vista la poesia – canzone riflette il suo ‘piccolo mondo antico’, con una gioventù sì fatta di serietà ed attaccamento alla missione di maestra elementare e alla famiglia, ma anche di fantasie e sentimenti tipici della sua età. Il tutto è reso fruibile, come detto, dall’anzidetto palcoscenico, rappresentato dalla minuscola piazzetta dove ella risiede, racchiusa da vicoli stretti e cavernosi. Qui coglie ogni battito della vita quotidiana, accompagnata com’è dal rumoroso e gioioso vocio di quanto si svolge alla luce del sole, compenetrato dalla solidarietà, senza segreti del vicinato. Ad arricchire ulteriormente il sapore delle parole e dei sentimenti è l’uso appropriato della parlata dialettale.
Ecco il testo della poesia-canzone. Pajése mije / A chi de sére, da vasce ‘nghiane / appare nu présèpie da luntane/Case e casarèdde ammuntrunate/ de luce e de stelle tutt’allum’nate. / Ritor. Cghìè vedute dalla ripe! (recitato)/ Pajése, muntagne, mar’ e chianure; / lu core ce rallegra pi sti culure. /Jé nu pajése chijne de bellezze,/ che sule a vederle ce léva la trestézze./ Chè vedute dalla ripe!/ Pajése, muntagne, mar’ e chianure; / lu core ce rallegra pi sti culure. / Qistu pajése da mè jè tand’amate. /jè Rignano (Garganico), lu pajése dove o’nnate. /Alla rotte l’ucchie rumane ‘ncatenate: /viche, chiazzette e mugnale/, / case vècchie, stunacate./Alla chiazze c’arrive, passanne p’jarch’ e scale. / Ecch’te la chiesa madr’ e la torr’baronale. /Rit. Ché vedute dalla ripe! (recitato)…