Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, domenica 9 aprile 2017 - Grande successo partecipativo e di consenso alla conferenza su Grotta Paglicci, svoltasi nel tardo pomeriggio di ieri all’Università del Crocese in Foggia. Non si parlava ufficialmente dell’argomento dal 1983, allorché il Prof. Arturo Palma di Cesnola partecipò ad un incontro promosso dalla Soprintendenza Archeologica foggiana retta dall’Ispettrice Archeologa Maria Luisa Nava, successivamente sostituita dalla compianta Marina Mazzei che pure si occupò dell’importante ‘bene’ nelle sue pregevoli pubblicazioni.
A tenere banco, come annunciato, è stato Antonio Del Vecchio, in veste non di tecnico, ma di giornalista e conoscitore delle cose del territorio fin dagli anni ’80 con i suoi puntuali articoli di cronaca su La Gazzetta del Mezzogiorno. Non a caso, egli ha cominciato proprio dal suo primo servizio ‘provocatorio’ dal significativo titolo ‘Chi sono costoro che vengono, scavano e portano via?”, suscitando la reazione di Palma di Cesnola che nel settembre 1980, durante l’alluvione che devastò l’intero Gargano, si precipitò in paese per un chiarimento,. E questo fu per davvero in positivo, se da allora in poi, l’eminente cattedratico ed archeologo si legò fortemente a questa comunità sino ad ottenere nel dicembre del 1987 la cittadinanza onoraria.
Lo fu anche per il relatore. Infatti, dal 1980 fino al 2004, seguì passo dopo passo alle scoperte succedutisi nel corso degli anni fino a quando la Grotta fu chiusa definitivamente per pericolo di crollo e il Cesnola era andato via due anni prima per pensionamento. La sua è stata non una lezione cattedratica, ma una conversazione tra amici salutata di tanto in tanto con manifesti ed avvertiti applausi di consenso e comprensione. Ha cominciato col descrivere i luoghi e poi man mano gli scavi, le scoperte e le persone impegnate in questo tipo di certosini lavori fatti con pennelli e ferretti. Si è soffermato a lungo, poi, sull’arte parietale e mobiliare, evidenziandone l’originalità e naturalezza delle sue espressioni (le pitture dei cavalli in ocra rossa e delle impronte di mani-uniche in Italia-, i graffiti raffiguranti lo stambecco, il pinguino boreale, la scena di caccia con bovidi, il nido di uova insidiato da un serpente, ecc.), passando poi al culto per i morti e alle due sepolture cromagnoniane del ragazzo dodicenne di circa 25 anni da oggi e della donna diciottenne di 3000 anni più vicina a noi.
Anzi, sul destino di quest’ultima si è intrattenuto più a lungo, raccontando per filo e per segno la ricostruzione del volto effettuata da Francesco Mallegni dell’Università di Pisa sulla scorta del Dna e della metodologia della medicina legale americana fino alla sensazionale rivelazione che trattasi di un capostipite dell’etnia Nord Europea. Che dire poi della farina di avena selvatica di 32 mila anni fa e del ciottolo inciso con segni e linee di tipo alfabeta Morse da interpretare e così di tutte le restanti primizie scientifiche, vantando il metodo della stratigrafia adottato negli scavi sintetizzando nello schema di comparazione, in base ai livelli dal basso in alto (dalle più arcaiche alle più recenti), e in orizzontali comprendenti: i tipi di strumenti litici; le denominazioni delle fasi culturali;il tipo e colore del terreno;i livelli, le età ricavate con il C 14; il clima e la fauna.
Ha finito con l’annuncio della presentazione ad horas del Progetto pro allestimento Museo da parte della Soprintendenza,. E questo sulla scorta del libro-guida messo a punto anni fa dallo stesso Palma di Cesnola. Il Paleolitico di Paglicci abbraccia il periodo Inferiore, Medio e Superiore. L’intervento odierno è stato introdotto e concluso da Angelo Capozzi, indefesso animatore dell’Università in parola (La Redazione), assieme all’immancabile ospite e poeta dialettale apricenese, Franco Ferrara.