Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, giovedì 6 aprile 2017 - Rignano sempre più sola, abbandonata ed infelice. Dopo la benzina, ora sono i monumenti più cari a sparire, forse rubati chissà perché e da chi. L’altra notte a fare una brutta fine o forse ‘bella’ per chi domani se la può godere in qualche sperduta villa del Nord o del Sud, è stata la fontana in ghisa sita all’incrocio tra Via Genova e Corso Roma, letteralmente sradicata dalle fondamenta con qualche braccio meccanico o con la forza di un trattore. Come noto il commercio in questo campo, in massima parte lecito, è piuttosto attivo, soprattutto negli ultimi decenni allorché hanno cessato definitivamente la loro funzione pubblica.
In talune realtà sono state addirittura rimosse dalla mano pubblica, per evitare lo sciupio dell’acqua e bollette salate. Basta consultare il Web per farsene una idea e per chi può, procurarsela, acquistandone una. Le tipiche fontanelle pugliesi in ghisa, fabbricate inizialmente dalla Innocenti, caratterizzavano fin dal 1914 i punti di erogazione pubblica dell’acqua. Le stesse sono ancora molto diffuse in tutta la regione e , oltre che dissetare la gente, costituiscono un importante arredo cittadino. Il corpo della fontana è di forma cilindrica rastremata con cappello superiore a forma di cappella di fungo. Il cappello superiore è rimovibile per consentire l’installazione e la manutenzione dell’impianto. Il rubinetto si presenta a erogazione continua con il gancio per sorreggere il secchio.
Lateralmente alla colonna della fontanella in ghisa è presenta la manopola di apertura che comanda l’impianto interno della fontana. La vaschetta è sospesa e la raccolta dell’acqua viene scaricata all’interno della colonna. Dopo quelle iniziali dell’Innocenti,in Puglia fu una fonderia di Molfetta a realizzare a iosa la produzione dei predetti erogatori. A Rignano l’acqua corrente arrivò negli anni ’30. Prima ci si riforniva di acqua, a Centopozzi, e alle piscine – cisterne di casa o a quelle ubicate alle periferia del paese. La fontana in questione racchiude un’infinità di ricordi-sentimenti. Qui, nei momenti estivi di massima calura, si faceva la fila per rifornirsi e non si buttava neppure una goccia.
L’acqua veniva prelevata con un grosso recipiente di zinco o di rame, chiamato in gergo ‘conca’. Solitamente erano le donne a trasportare il prezioso fardello a casa, una volta issatolo sulla testa, protetta a sua volta volta da una testiera di stoffa, chiamata ‘spara’. Per dissetarsi ci si avvaleva di una sorta di bottiglia di terracotta, denominata ‘cucuma’, che riusciva a mantenere il contenuto sempre fresco ed appetitoso per l’intera giornata. Ora il popolo piange per questo ennesimo sopruso perpetrato contro la sua storia e la civiltà di un tempo.