Antonio Del vecchio
Rignano Garganico, sabato 11 febbraio 2017 - Forse tra i vari reperti di ogni genere del Museo di Grotta Paglicci, prossimo ad aprire i battenti a Rignano Garganico (FG), oltre allo scheletro e all’arredo funerario, ci sarà anche, in calco, la testa ‘al naturale’ della famosa “Donna di Paglicci” di 23 mila anni fa. A volerlo fortemente è Michele Ciavarella, v.sindaco e delegato al ramo della cittadina garganica – L’anzidetta ricostruzione fu eseguita, tempo fa, con metodo scientifico da Francesco Mallegni, paleo antropologo di fama internazionale dell’Università di Pisa.
Si tratta del suo terzo pezzo sulla preistoria, dopo l’Homo di Ceprano (800 -900 mila anni fa) e Lucy, un australopiteco di 3 milioni e 350mila anni fa, rinvenuto in Etiopia. Le altre ricostruzioni craniche e scheletriche riguardano, invece, migliaia di personaggi noti e meno noti, vissuti nei vari periodi della storia sino ai giorni nostri. Ci si riferisce a: il conte Ugolino della Gherardesca (Divina Commedia), Giotto, Dante, Pico della Mirandola, Mantegna, Giovanni Paolo II, ecc. . Siffatte ricostruzioni fisiognomiche sono state rese, grazie all’uso della metodologia americana della Medicina legale. Per saperne di più sulla questione, riportiamo di seguito lo scritto del succitato Mallegni*: <<Per la cosiddetta “Donna di Paglicci” si è partiti dal calco del cranio per non danneggiare, con i vari passaggi di ricostruzione, l’architettura ossea originale.
Un’osservazione minuta degli attacchi dei muscoli sulla mandibola, sui margini inferiori delle orbite e sui molari ci ha edotti sulla importanza del loro sviluppo sulla loro ergonomia ed in definitiva sul loro utilizzo durante la vita dell’individuo: tutto ciò permette di stabilire con certo margine di certezza quanto l’architettura facciale ne abbia risentito. La valutazione dello sviluppo muscolare di un soggetto è molto complessa e a volte può risultare soggettiva se l’osservatore non ha esperienza in questo tipo di ricerca, tanto più se si tratta di un soggetto femminile per il quale, come è noto la massa muscolare è inferiore a quella che di solito si incontra nei masch. Solo una provata dimestichezza con il problema e una pluriennale esperienza possono in qualche maniera aiutare la valutazione. Sono stati impiantati i fasci muscolari sul calco considerando lo sviluppo degli stessi, soprattutto quello dei masseteri e dei temporali.
Una serie di tasselli di diverso spessore (circa 3), a seconda del punto facciale considerato, sono stati poi incollati al calco del craniofacciale dell’individuo, seguendo le indicazioni della metodologia più sopra ricordata. Non sapendo quanto l’individuo avesse potente, o non, il pannicolo adiposo, in mancanza di indicazioni sicure (eventuali racconti, disegni, ritratti, ecc.) si preferisce sempre utilizzare gli spessori che definiscono normale (non adiposa, non emaciata) l’aspetto del soggetto; lo spessore delle parti molli varia anche a seconda dello sviluppo muscolare precedentemente definito. Si sono uniti i vari tasselli con striscioline di plastica il cui spessore è crescente o decrescente a seconda del tassello che si deve prendere in considerazione: si sono riempiti con lo stesso materiale i triangoli vuoti che si sono venuti a formare tra le varie strisce di plastilina.
Ne è risultato il modello quasi finale su cui sono stati definiti i globi oculari (la cui grandezza dipende dall’ampiezza delle cavità orbitarie), il naso (l’inclinazione della base delle coane nasali e lo sviluppo del ponte nasale definiscono la sua forma) e le labbra (la cui rima va dallo spazio premolare – canino di un lato al controlaterale); l’età alla morte del soggetto (deceduto a circa 18 anni) ha consigliato di rendere il turgore delle sue carni proprie della giovinezza. La strutture cranica e facciale ossea della “Donna di Paglicci” ha permesso di constatare come il soggetto si avvicini ad un’etnia che richiama l’europoide, ma potrebbe richiamarne altre di tipi piuttosto arcaici, data la prominenza dei molari e la sua faccia relativamente sviluppata in altezza, le sue fattezze richiamano quelle della tipologia cromagnoniana, specialmente nel profilo della regione nasale e, fatte le dovute differenze dovute al sesso, quelle incise su di un ciottolo rinvenuto nella sepoltura paleolitica di Vado all’Arancio presso Massa Marittima (Grosseto) che riproduce il profilo di un uomo barbuto.
Colpisce l’affinità di questo volto con quello delle donne europee attuali di etnia nordica. Se non si dovessero invocare fenomeni di convergenza tra le due fisionomie (della donna di Paglicci e delle giovani europee) si potrebbe ipotizzare una certa continuità tra i cromagnoniani e le attuali popolazioni del nostro continente; si tratta di una ipotesi piuttosto arrischiata, dati i ben noti rimescolamenti di popolazione, i cambiamenti, gli arrivi di gruppi sempre nuovi i difts genici e altri fenomeni che hanno caratterizzato la storia umana dell’Europa; basta pensare alle ben note etnie slave, mediterranee, di tipo germanico, di tipo baltico, ecc. che si sono andate costituendo alle diverse latitudini durante il corso del tempo, dopo l’arrivo dei sapiens su questi territori. L’esame del DNA, ricavato dalla dentina della sua camera pulpare della “Donna di Paglicci”, effettuato dal Dottor Davide Caramelli, del Laboratorio di Genetica del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo fiorentino, ha messo in evidenza, in maniera chiara ed incontestabile, l’apogruppo H; questo è ancora molto ricorrente negli europei attuali; ciò starebbe ad indicare, prescindendo dalle coincidenze fisiognomiche, che “lo zoccolo duro” della nostra etnia ha quanto meno le sue radici nella più profonda Preistoria europea (Francesco Mallegni- Dipartimento di Antropologia dell’Università di Pisa)>>.
* Tratto dall “Appendice” a cura di chi scrive, pp. 106 – 107, contenuta nel v. Paglicci / Rignano Garganico di A.Palma di Cesnola, Regione Puglia, 2002.