Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, mercoledì 25 gennaio 2017 - Per saperne di più sulle 19 mega pale eoliche attive nella piana, abbiamo intervistato Nicola Gentile, avvocato, considerato uno dei più validi e lungimiranti protagonisti ( tra i pochi che sono rimasti) della nuova stagione politica  in corso da qualche tempo, a Rignano Garganico, significata dalla nascita del Movimento “Rignano che vorrei”, di cui, oltre ad essere cofondatore, è anche portavoce. A suo avviso,  la presenza ed attività del Parco Eolico nel nostro territorio è un bene o un male?

 

Sicuramente è un fatto positivo, perché su questo ambizioso e moderno progetto ci hanno pensato e lavorato tanti rignanesi. Il riferimento è a Gargano Energia, la società che è riuscita da sola a mettere in piedi un parco eolico completamente autonomo, dimostrando capacità imprenditoriali e innovative superlative e forse superiori ai soliti noti del Nord.  In che cosa si rileva l’importanza e la pubblica utilità di siffatta impresa?

Di aver venduto bene,  incrementando il patrimonio dei suoi soci, quasi tutti del luogo,  e soprattutto di aver concretizzato una idea innovativa, come quella delle energie rinnovabili, all’avanguardia su tutto il territorio nazionale. Non a caso fu apprezzata dall’EdF con l’oneroso acquisto e l’attuale inserimento nel Polo delle rinnovabili tra i più importanti a livello nazionale ed europeo, la “E2 i”. Per quanto attiene la pubblica utilità, basta citare la Convenzione stipulata con il Comune, con la quale si attribuisce, ai sensi, dell’articolo 10, alle casse comunali, il 10% sugli utili del bilancio annuale  e con il successivo articolo 11  si stabilisce l’importante invenzione dell’azionariato sociale, ossia la  partecipazione della cittadinanza al 10 %  degli utili, finora, purtroppo, non ancora applicata. Su questo vorrei approfondire.

Quali sono i danni ambientali più consistenti che s’aspettano o notano dal funzionamento delle anzidette Pale Eoliche?

Ce ne sono parecchi, anche se inferiori di gran lunga, come danni,  a quelli procurati dalle cosiddette energie ‘sporche’ (in primis, fossili e petrolio). Il primo impatto negativo della realizzazione dell’impianto – parco è quello di tipo visivo, ossia la devastazione  irreversibile del paesaggio. L’effetto visivo e prospettico da qualsiasi punto si osservi la pianura è tale che l’intero aspetto dei luoghi risulta pesantemente trasformato. C’è poi la modifica, oltre che  visiva, anche  strutturale del paesaggio agrario formatosi nel corso dei secoli.

E gli altri danni? Di questi, alcuni riguardano la salute dell’uomo, come i rumori anche se silenziosi, che causano a   chi abita nelle masserie vicine il cosiddetto  ‘disturbo del sonno’, incipit di un futuro  esaurimento nervoso.  Ci sono, poi, i possibili effetti nocivi sulla salute derivanti dalle onde elettro-magnetiche, di cui si sa ben poco. Tutto il resto riguarda, invece, la flora e la fauna, il cui “habitat’ (soprattutto per la specie avicola) sembra essere del tutto scombussolato, sia dalla rotazione delle pale, sia dalla costruzione delle torri, sia dagli scavi e dal passaggio dei cavi, specie nelle zone paludose, dove vivono rane ed altri animali.

Che rimedi proponi al riguardo?  Suggerisco all’Ente locale  di dotarsi  di una relazione agrotecnica – ambientale su cui discutere con dati di fatto sulla situazione , per poi confrontarsi in tempi ravvicinati con la Società responsabile e convenire sulla quantificazione reale del “ristoro” dovutogli, evitando così ogni scontro giuridico e  facendo lievitare la soglia minima del  3% previsto dalla normativa vigente.