Giuseppe Clemente

Gargano, sabato 29 ottobre 2016 -  Molto è stato scritto sul brigantaggio postunitario nel Mezzogiorno d’Italia, considerato nella sua articolata complessità. Quello, però, che ancora oggi manca, e di cui gli studiosi avvertono la necessità, è un’approfondita, minuziosa storia regionale del ribellismo meridionale, che consenta, con un’attenta ricerca bibliografica e un lungo, paziente, meticoloso lavoro di “scavo” negli Archivi di Stato, in quelli comunali, ecclesiastici e privati, il recupero di memorie e testimonianze di chi quei fatti ha vissuto.

 La storia e le storie ritrovate aiuteranno a capire, al di là di tutti gli schemi precostituiti e delle strumentalizzazioni ideologiche, cosa abbia veramente significato il brigantaggio nelle tribolate provincie dell’ex Regno di Napoli. Saranno riportati alla luce episodi di storia “minore”, tante “microstorie”, che daranno voce non solo ai principali protagonisti, ma anche, e soprattutto, a coloro che, inermi spettatori, insignificanti comparse, hanno vissuto il dramma di quegli anni di profondo malessere, inghiottiti dalla storia, dalla “grande storia.

Dopo aver indagato sul brigantaggio postunitario nel Mezzogiorno e in Capitanata e su alcuni suoi specifici aspetti, mi è sembrato che il Gargano si prestasse, più di ogni altro contesto, a uno studio monografico sul tema. Un “compatto continente, come è stato definito, quasi sconosciuto fino agli ultimi anni del ‘700, la cui aspra e tormentata struttura geomorfologica lo ha a lungo isolato dal resto della regione e ha fortemente influenzato i tratti caratteriali dei suoi abitanti.

La complessità delle vicende e la ferma volontà di ricostruirle fedelmente mi hanno portato a esaminare una grande quantità di documenti, atti amministrativi e processuali, da cui è scaturita un’indagine circostanziata sugli avvenimenti che dal 1860 al 1864 hanno scandito il tempo del brigantaggio nei comuni garganici. Storia e cronaca, dunque, perché la storia è tale proprio nella relazione tra i grandi avvenimenti e le piccole vicende quotidiane, la cronaca, appunto, che è stata da qualcuno definita storia senza molte arie”.

Recuperare centinaia di pagine ingiallite, scritte ancora sotto l’emozione degli avvenimenti, ognuna delle quali però possiede uno spicchio di verità, incastonare tante testimonianze in un racconto fluido (sì, perché la storia va raccontata), che si possa leggere tutto d’un fiato dalle prime reazioni alla fine del brigantaggio in quelle contrade, mi ha dato la sensazione di lavorare al montaggio di un film, un film crudele con vittime e carnefici, ma anche commovente, quando al centro della scena c’è lo straziante dolore di una madre per la perdita del figlio.