Antonio Del Vecchio

Rignano Garganico, mercoledì 10 febbraio 2016 - . Dopo la farina d’avena di 32 mila anni fa, altre nuove e rivoluzionarie scoperte sull’identità genetica dei cacciatori - raccoglitori che vissero a Grotta Paglicci (www.grottapaglicci.it), il noto sito paleolitico in territorio di Rignano Garganico (Italia, Gargano). Si tratta della conferma uni continentale e genetica dell’origine dell’uomo, ossia dall’Africa, e della sua dispersione a più ondate nell’Eurasia e nel resto del mondo. A darne notizia qualche giorno fa, precisamente martedì 9 febbraio, è stata la rivista toscana gonews.it, facente capo alle Università di Siena e Firenze.

 Tutto sarebbe accaduto circa 50 mila anni fa. Successivamente durante l’ultima glaciazione, 25 mila anni fa, parte di questo patrimonio genetico scomparve. Solo a partire da 14.500 anni da oggi fu sostituito da popolazione di differenti origine. A questo tipo di conclusione è giunto uno studio internazionale, apparso – secondo quanto riferisce la sopraccitata testata online, su <<Current Biology” (“Pleistocene Mitochondrial Genomes Suggest a Single Major Dispersal of Non-Africans and a Late Glacial Population Turnover in Europe”>>, dove l’articolo è leggibile nella sua interezza e precisione scientifica.  

Al gruppo di ricerca, guidato dagli studiosi della materia Cosimo Posth e Jonnes Krause del Max Planck Institute in Jena e dell’Università di Tubingen (Germania), hanno partecipato anche le Università di Siena e di Firenze. Gli stessi sarebbero riusciti a ricostruire il genoma mitocondriale completo (mt DNA) di 35 cacciatori – raccoglitori che vissero tra i 35 mila e i 7 mila anni fa nelle regioni europee interessate dal predetto studio (Italia, Germania, Belgio, Francia, Repubblica Ceca e Romania). Come accennato all’inizio, tra i campioni analizzati tre provengono da Grotta Paglicci, giacimento paleolitico scoperto nel 1961 da Francesco Zorzi del Museo di Storia naturale di Verona e proseguito dal 1971 ad oggi dall’Università di Siena, tramite un ‘èquipe guidata per oltre trent’anni da Arturo Palma di Cesnola e successivamente da Anna Maria Ronchitelli, direttrice attuale degli scavi.

Per quanto riguarda l’Italia la predetta analisi è stata coordinata dal Laboratorio di Antropologia Molecolare e Paleogenetica dell’Università di Firenze, diretto da David Caramelli del Dipartimento di Biologia. Quest’ultimo nello scritto sopraccitato parla di tre individui provenienti da siti francesi e belgi, di datazione precedente all’ultima glaciazione, che apparterrebbero “ ad un tipo di mtDNA chiamato aplogruppo M, che è assente nella popolazione europea contemporanea, ma estremamente comune in popolazioni asiatiche, australiane e indigene americane”. Si spiega, poi, che nel picco dell’ultima glaciazione (25 mila anni addietro, i cacciatori-raccoglitori si sarebbero ritirati in una serie di rifugi climatici nel sud Europa, come Grotta Paglicci.

L’ “aplo gruppo M” sopraccitato si sarebbe perduto nella fase fredda per via della riduzione della popolazione e l’avvicendamento di altre popolazioni durante i cambiamenti climatici succedutisi, a partire da 14.500 anni fa. La Ronchitelli, a sua volta, punta a saperne di più, dalle “Future analisi del DNA nucleare “ su soggetti di diversa età e regione. Tanto al fine di “poter caratterizzare con più precisione – a quanto si legge - le conseguenze della ritrazione in rifugi climatici durante il periodo più rigido dell’ultima glaciazione e di identificare l’origine della successiva popolazione di cacciatori-raccoglitori che arrivò in Europa”. Si spera, comunque, che tutto possa accadere entro la data del 13 agosto prossimo, giornata nazionale speciale dedicata al rilancio e valorizzazione di questo importante e prolifico sito paleolitico di rilevanza planetaria.