Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, lunedì 30 12 2019 - Si guardava subito fino a che punteggio si potesse arrivare. Ammirando di fronte la parte alta del flipper. Dipendeva da quante cifre potesse contenere il display, non digitale ma automatico, come quello che una volta ci diceva alla stazione su quale binario e a che ora partisse il treno.
Facendo cadere la parte alta del numero su quello inferiore, emettendo un rumore simile al “flat, flat”. E poi si fermavano i numeri, anche quelli del flipper quando si centrava un birillo o un bersaglio. Cinque biglie d’acciaio a disposizione per ogni partita, posizionate sulla parte destra lungo un corridoio breve, la biglia si lanciava grazie ad un pulsante a molla e si aspettava che girasse sulla parte alta del flipper.
Per poi iniziare a cadere e a toccare per caso birilli e oggetti metallici che la facevano rimbalzare ad una velocità interessante. E da quel momento si iniziava a “tritilare” il flipper, ma non troppo altrimenti il segnale di “Tilt” ti luccicava ad intermittenza in faccia per alcuni secondi, e si aspettava che la biglia prendesse “la via di casa”.
L’arte di saper giocare a flipper era quasi tutta contenuta nel saper agitare ma non molto il biliardino elettronico, la sensibilità prima di tutto, anche se in verità c’erano dei flipper che si potevano sollevare da terra per alcuni centimetri, quando la biglia stava prendendo la via d’uscita laterale e non quella centrale. In quei casi c’erano pochi secondi per sollevare di poco il flipper, aspettare che la biglia tornasse sul terreno di gioco e poi velocemente con una delle due alette rispedirla vero la parte alta del flipper. Difficile ma possibile!
Nell’eseguire un’azione forzata del genere, bisognava essere fortunati: il barista non doveva accorgersi di nulla, altrimenti uno schiaffo tra capo e collo si rimediava, oppure fustigati con una pompa come faceva un simpatico barista che adesso non c’è più.
L’obiettivo principale del gioco non era solo quello di raggiungere un punteggio alto, ma anche di colpire dei bersagli che facessero accendere lo “Special”, che ti dava la possibilità di aumentare in modo esponenziale il punteggio e di ottenere una biglia in più per potere continuare a giocare. Una partita mediamente durava 7-8 minuti per i giocatori più bravi, per bravura si intende la capacità di bloccare la biglia con una delle due alette per poi inviarla verso un bersaglio preciso. Oppure passarsi la biglia da un’aletta all’altra, e questo non era facile.
Quando giocava un ragazzo che veniva ritenuto molto abile in questo gioco, lateralmente al flipper si posizionavano altri ragazzini che assistevano a quella partita e tifavano. Decenni fa nei bar come in tutti i locali pubblici si poteva fumare, e a fianco dei flipper c’erano dei portaceneri che permettevano ai giocatori di “rilassarsi” fumando una sigaretta. I giocatori bloccavano la biglia con una delle due alette, pendevano la sigaretta dal portacenere due boccate, prendevano la mira e poi tiravano verso un bersaglio ben preciso e scuotevano ma non troppo il flipper
Alla fine non si vinceva nulla, anche se si raggiungevano punteggi alti, unica soddisfazione era quella di aver giocato per più tempo rispetto ad altri, e il punteggio ottenuto non veniva registrato da nessuna parte. Verso la fine dell’epoca dei flipper, apparvero quelli spaziali: molto più grandi e più inclinati, e con effetti sonori straordinari, come quelli delle astronavi che atterrano o decollano. E colori indefinibili!!
Poi arrivarono i videogames. Il primo tra tutti quello del tennis: sfondo nero e lateralmente due lineette verticali che fungevano da racchette e un puntino quadrato che imitava la pallina da tennis. Ed era già futuro! Pochi mesi dopo lo ”Space Invaders”, piccoli mostri digitali che cadevano dalla parte alta del monitor, il giocatore era munito di un cannone che si spostava in una fortezza “a tratti” da dove sparava a raffica (e spesso perdeva).
E poi tanti altri giochi elettronici da bar che fecero dimenticare i flipper. È andata così. Non sappiamo se in meglio o in peggio. Ma volete mettere due ragazzini, uno di fronte e l’altro di lato al flipper, che cercavano di non farsi “cigghià” la biglia, sollevandolo da terra? Barista permettendo…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio