Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, lunedì 23 dicembre 2019Continuando il discorso di ieri, su eventuali rappresentazioni “alternative” della storia del burattino di Collodi, mi è tornata in mente una pièce teatrale dell’attore leccese Carmelo Bene. Ricordo vagamente un filmato Rai degli anni ’80 dove Carmelo Bene da solo in scena e seduto recita le parti di Pinocchio e di altri personaggi cambiandosi le maschere, e con voci che arrivano dall’esterno sul palco che rappresentano ulteriori personaggi del libro.

Un ricordo vago ma impressionante: Pinocchio è un anarchico che rifiuta l’età adulta e pensa che “dopo l'infanzia, dove tutto appare così indefinito e onnipotente, inizia l'imputridimento”. Insomma, per Pinocchio la vita finisce più o meno a 14 anni, all’inizio della pubertà!!  Anche se in questa pièce teatrale il testo di Collodi non viene stravolto, Bene mette in evidenza l’assoluta assenza di futuro nel quale Pinocchio dovrebbe vivere. Rifiuta tutto, anche i consigli di suo padre, che è un adulto, e per questo in piena putrefazione!  

Ma come può concepire un burattino che la vita non è poi così bella, o comunque non sempre bella?  È la coscienza che vive nella natura, anche in un pezzo di legno, che glielo suggerisce. E qui potemmo agganciarci al pensiero leopardiano: un pessimismo non credo cosmico, ma “locale”, circoscritto agli uomini.

Pinocchio non ride e né deride della natura che l’ha creato, ma solo di un prodotto uscito male: l’umanità! La scenografia è scarna: non ce n’è bisogno, l’umanità adulta e tutto ciò che ha creato non serve a niente e a nessuno!

Senza dubbio è teatro d’avanguardia: fuori da qualsiasi schema e che non ha bisogno dell’approvazione del pubblico (figuriamoci… se stiamo a pensare al pubblico…) Tutto questo naturalmente non è concepibile come film, assolutamente no!! e ci mancherebbe!! Il cinema ha bisogno di attori, scenografie, luci e tutto ciò che non è teatro. Carmelo Bene rinchiude tutta la storia dell’uomo estrapolandola dal libro di Collodi: non più un romanzo di formazione, ma un testo drammatico che mette in risalto le pantomime dell’umanità!!  

E Pinocchio ne ride!!! E fa bene!! È nella sua immaturità: Pinocchio non accetta il prossimo, le leggi, e tutto ciò che lo circonda, ma vuole solo vivere come meglio crede. Ma come può un burattino che nasce da un albero accettare ciò che di naturale come l’uomo ha ben poco?? Infatti non lo accetta, e lo deride!

«La vita è un bel niente» fu l'epigrafe con cui Carmelo Bene commentò l'impresa, e questo Pinocchio è stato davvero un'apoteosi dell'oblio, del rigore, della vocalità, della manipolazione e, aggiungiamo, dell'illusione.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio