Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, martedì 26 novembre 2019 - Chissà quante Americhe esistono. C’è l’America degli indios, quella di Colombo che la “scoprì”, quella dei conquistadores che la sottomisero al cosiddetto Occidente cristiano e progredito, quella italiana degli albanesi di inizio anni ’90 quando sbarcarono a Bari in 20.000 sulla nave “Flora”, quella dei migranti africani che cercano da noi una vita migliore ma che in pochissimi trovano. E c’è l’America degli emigranti italiani e non solo che venne presa d’assalto all’inizio del XX secolo. Per poter lavorare e vivere.
La grande migrazione che popolò gli Stati Uniti d’America con milioni di migranti che giungevano da quasi tutta l’Europa, un fenomeno che ha dato un assetto sociale e politico al Nuovo Mondo, quello conosciuto, anche se sulla carta geografica era stato disegnato da tempo. Ma ancora sconosciuto per tanti versi.
Nel film “Nuovomondo” (2006) di Emanuele Crialese, alcuni disperati decidono di lasciare la Sicilia per imbarcarsi e cercare la felicità, sapendo che nel nuovo mondo ci sono cose fantastiche: ortaggi grandi quanto un uomo e denaro in quantità industriale che si può cogliere sugli alberi!! Un Eldorado che non aspetta altro di essere invaso. La ricerca della felicità è tanto decantata anche nella “Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America”.
I siciliani del film che viaggiano verso la Felicità non sanno che non tutti la troveranno, e quei pochi che saranno fortunati la troveranno a caro prezzo. Per avere la Felicità a portata di mano bisogna essere fortunati (tanto per iniziare): in America non accettavano emigranti con problemi di salute. E infatti nel film vediamo tanta gente scartata per questo motivo e rimpatriata, inoltre le donne, per poter entrare definitivamente in America, dovevano essere sposate, o diventarlo sul momento: alcune donne si ritrovano a conoscere e a dover accettare immediatamente mariti connazionali già residenti in America, che non hanno mai visto e che risultano anziani o sgradevoli. Una felicità pagata a caro prezzo.
Il mare di latte che si vede nella bellissima locandina è quello immaginato dagli emigranti durante la traversata: bianco e dolce e nessun problema per attraversarlo. Ma sappiamo benissimo che molti emigranti non ritornarono più nelle loro famiglie: per secondi matrimoni fatti anche in America oppure per morte sopravvenuta in quel Paese.
Un nuovo mondo che ha aggiunto pochissimo a quello che ci si aspettavano tanti disperati. Ci sono state anche delle eccezioni, ma i sacrifici patiti non hanno aggiunto molto alla qualità della vita di quegli emigranti. Nel film i dialoghi sono pochissimi: era gente che non aveva nulla da dire, le loro vite sono state attratte tutte dalla sfortuna, che ha un senso Verghiano, come i suoi “vinti”. Gente che è nata per soffrire. Contro il destino non c’è nulla da fare, anche se si cambia paese o Nazione.
I personaggi di “Nuovomondo” sono senza speranze: e loro lo sanno, anche attraversando l’Oceano sanno che quel viaggio è solo una tappa obbligata della loro vita. Sanno che devono farlo a prescindere: il destino ha già deciso per loro. La provvidenza non esiste e le loro vite vengono sbattute dal dio-caso che sembra divertirsi a mischiare le carte delle anime degli uomini.
Un film straordinario che ci indica le vie da percorrere. Anche se sono quelle sbagliate.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio