Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, domenica 13 ottobre 2019 - Quando ascoltate una canzone dei Pooh, dovete ringraziare lui. Che ha scritto quasi tutti i brani del complesso che vanta innumerevoli tentativi di imitazioni!! Se non ci fossero stati i Pooh, forse non avremmo avuto buona parte dei complessi dagli anni ’60 agli ’80. E se i Pooh fossero nati oltre i confini nazionali, verso terre anglosassoni, la vedevo male per parecchi gruppi alla… Obladì Obladà!
Ha iniziato come batterista quando fondò i Pooh nel 1966 a Bologna, per poi fare spazio a Stefano D’Orazio, dedicandosi esclusivamente ai testi delle canzoni, alla musica ci pensò Roby Facchinetti, straordinario musicista, diplomatosi al conservatorio Santa Lucia di Venezia. Nel tempo si è capito che sono stati i testi che hanno fatto la differenza. Infatti tutti e quattro i componenti del complesso, lungo le loro carriere da solisti, hanno inciso dei dischi: qualcuno li ricorda? nessuno! Mancavano le parole di Negrini!!
La cosa assurda è che il batterista Valerio venne fatto fuori dal gruppo, “palcoscenicamente parlando”, dal produttore Giancarlo Lucariello, che non lo ritenne “bello da vedere”, e quindi gli suggerì di dedicarsi solo alla scrittura dei testi. Il quinto Pooh, come viene comunemente ricordato, obbedì! E meno male, altrimenti non avremmo avuto la produzione di 29 album registrati in studio! quasi 400 canzoni, considerando anche i singoli. Abbasso la bellezza, evviva l’intelligenza!!
In pratica non ha mai lasciato il gruppo, nemmeno quando era in tournee, seguiva gli altri quattro e di tanto in tanto saliva sul palco e suonava la batteria. Come fece nel settembre del 2001 quando suonò a San Giovanni Rotondo in occasione di un concerto dei Pooh per beneficenza. Negrini improvvisamente si piazzò sul palco, con le bacchette in mano e suonò alcuni assoli, a sorpresa. Non tutti lo riconobbero e quando poi seppero chi fosse, capirono!!
Era in pratica un paroliere, come si dice nel mondo della musica. Se poi vogliamo (e dobbiamo!!) estendere questo termine, e allora è anche un poeta. Leggete le canzoni dei Pooh, e vedrete che non sono sempre banali come alcuni vogliono far credere (non leggete i testi dei cantanti inglesi e americani che andate in bagno a vomitare…) “Pierre” è stata forse la prima canzone italiana che parlava esplicitamente di omosessualità, e per poco non venne censurata. Il brano “Pensiero” parla di… evasione: un carcerato che vuole assolutamente uscire per riabbracciare la sua donna. Leggete i testi degli album “Un po’ del nostro tempo migliore”, “Alessandra”, “Parsifal”, “Venti”, “Forse ancora poesia” ed altri. E poi ne riparliamo. Anzi, non ce ne sarà bisogno.
Dopo Mogol che ha scritto le canzoni a Battisti (che non sapeva scrivere…) e a tanti altri cantanti, Negrini è stato il migliore. Spesso veniva preso in giro dagli altri quattro per la sua cultura, e lui spiegava che se loro esistevano era per “opera sua”, come se li avesse generati da solo!! Poco propenso ad apparire in pubblico, difficilmente si faceva intervistare: Negrini non aveva tempo per le chiacchiere con gli altri, le bastavano quelle che si scriveva da solo (e faceva bene!)
Il giorno in cui morì a 67 anni nel 2013, giustamente la Rai gli dedicò in prima serata sul secondo canale, uno speciale di oltre due ore, dove si raccontarono storie e aneddoti su Valerio Negrini. Un autore che molti non conoscono, ma che sanno a memoria le sue canzoni.
E adesso spazio alle sue parole: “L’anno il ‘73, il posto il cielo artico…” “Non restare chiuso qui: pensiero!!” “Il sole è prossimo ormai, il vento corre con me”. “Cambia il vento, cambiano i confini, torna sempre quel che se ne va”. “C’è un respiro in più, stanotte sei tu, io vivevo qui, nel buio, così…” “A quest’ora sanno già di noi, i problemi cominciano adesso, tutto è fatto ormai”. “Batte il suo tempo sempre esatto, il forte tamburo del petto”. “Stella di giorno, frutto d’inverno, io canterò per te, se ti senti un aliante che cade, strade d’aria avrai da me”. “E io dovrei comprendere, se tu da un po’ non mi vuoi, non avrei mai capito te, ma da capire cosa c’è”.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio