Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, domenica 13 ottobre 2019 - Sulla guerra in Bosnia la cinematografia non si è ancora espressa “a dovere”. Ma forse è meglio così: dal 1992 al 1995 ci fu una vera e propria guerra civile che divise milioni di ex jugoslavi con oltre centomila vittime tra militari e civili, e campi di concentramento che non si vedevano dal 1945. Con la dissoluzione del blocco sovietico all’indomani della caduta del Muro di Berlino (1989), tutta l’Europa dell’Est ebbe il compito di mettere dei paletti sui propri confini.
E spesso le demarcazioni geografiche non coincidono con il bene dei popoli, poiché oltre alle terre da dividere, si divisero anche popolazioni che fino a pochi giorni prima facevano tutte parte della Jugoslavia. E quindi: guerra!!! Cristiani contro musulmani e viceversa. Cosa strana: ma c’è quasi sempre un “ritocco” religioso quando scoppia una guerra??? Ma roba da matti!! Città come Sarajevo rase al suolo, solo per dirne una. E fermiamoci qui con quest’altro tassello indegno dell’umanità.
E parliamo del film: “Perfect Day” (2015) di Fernando León de Aranoa, con Benicio del Toro. Bellissimo, scritto bene, fotografato altrettanto, e con un finale straordinario: non avrei mai pensato ad una soluzione finale di quel tipo, che tra poco diremo. Tutto inizia su come tirare da un pozzo il corpo senza vita di un uomo. Quel corpo ha contaminato l’unico pozzo esistente per miglia, e la gente del posto non sa come dissetarsi.
E allora entrano in campo alcuni operatori umanitari non governativi, non dell’ONU. Quest’ultima invece inviò dei militari che non fecero praticamente nulla: non nel film, ma nella storia vera! I tre volontari cercano prima di tutto una corda per cercare di tirare dal pozzo quel corpo. Il film si snoda quasi esclusivamente sulla ricerca della corda, strada facendo riusciamo a capire la straordinaria tragicità della guerra, esclusivamente europea, a pochi chilometri da noi.
Tra mine antiuomo, villaggi abbandonati, gente impiccata dai propri vicini e abitazioni rase al suolo per renderle inagibili, facciamo la conoscenza di tutta l’inutilità del genere umano anche dopo la seconda guerra mondiale, che evidentemente non ci ha insegnato nulla. È nel Dna dell’uomo uccidere e far soffrire i suoi simili: non c’è niente da fare. La corda finalmente la si trova. Ma non servirà a molto: ciò che farà risalire quel corpo senza vita dal fondo del pozzo, sarà la pioggia!!
La pioggia cadendo riempirà il pozzo e il corpo verrà sollevato, riemergerà naturalmente dal fondo. E così’ la gente del luogo potrà ritornare a bere, dopo la bonifica del pozzo.
Morale della favola: anche la Natura che ci guarda dall’alto e non solo, ha capito che nonostante siano passati centinaia di migliaia di anni da quando lei stessa ci ha generati, l’uomo non capisce come risolvere i problemi che lui stesso causa. In fondo è un film ambientalista. Dove gli sforzi degli uomini non servono a nulla. Un pozzo che viene inquadrato all’inizio del film, dove troneggia un corpo enorme che cerca di uscire dall’acqua; così termina: con il corpo di quell’uomo assassinato e buttato lì dentro per inquinarlo che riemerge dalle acque.
Acqua avvelenata, e acqua ripulita dopo. In mezzo c’è una sfida tra buoni e cattivi che verrà vinta dalla Natura: la corda non è servita. Ma la pioggia sì. Forse è meglio pregare il dio della pioggia in alcuni casi: si ritorna all’antico… c’è più esperienza.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio