Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, domenica6 ottobre 2019 - Quando assistiamo in tv o al cinema alla vita di San Francesco, lo ammiriamo che indossa un saio perfetto. Nel senso che ha un colore ben definito: a manto di monaco (guarda un po’…) e che gli calza a pennello. Lo stesso dicasi dei suoi confratelli. Ma quasi sicuramente non è così: parliamo di oltre 800 anni fa, e un uomo che ha cambiato il Cristianesimo non ha senso che sia stato lì a vedere mentre controlla se l’orlo toccasse o meno la terra. Aveva ben altre cose a cui pensare.
Molto probabilmente il saio era un sacco vero e proprio, di colore che virava più verso il grigio, che verso il marrone. Poi, nel tempo il colore grigio-marrone si annerì, e abbiamo il cosiddetto colore manto di monaco. Per avere un’idea del “vero” saio di Francesco, basti vedere il film “Francesco” (1989) di Liliana Cavani con Michey Rourke(!?) San Francesco dispose che ognuno di loro, i confratelli, avessero, come lui, due sai, e non di più. Povertà nella povertà!!
Anche la figura di Santa Chiara cinematograficamente parlando, viene associata come abbigliamento, ad un saio celeste. Anche in questo caso si tratta di un errore: la santa indossava lo stesso saio dello stesso colore degli altri frati, come nel film della Cavani. E la conferma ci viene data dal saio di San Francesco, quello che indossava quando morì. Il saio del santo si sa che è stato rattoppato più volte ed è ben visibile il lavoro di cucito. E sappiamo anche che il saio di Chiara è custodito ad Assisi.
Confrontando le pezze di rattoppo sul saio di Francesco, si è notato che sono quelle che in alcuni punti mancano nel saio di Chiara. Sono esattamente 19 le pezze che sono state “trasferite” dal saio di Chiara a quello di Francesco. Chiara ci viene tramandata come una bravissima e giovane di casa, che sapeva fare tutto quello che una brava ragazza deve saper fare: come cucire.
La scoperta è stata effettuata dalla studiosa tedesca Mechthild Flury-Lemberg (esperta di restauro di antichi tessuti, autrice di saggi storico-scientifici sulla Sindone, ma anche sulle vesti di Sigismondo Malatesta e di Rodolfo di Boemia). Dove sta la bellezza di questa storia? sta nel fatto che abbiamo storicamente dei reperti che ci danno ancora una volta, un’altra prova della straordinaria vita di San Francesco e dei suoi confratelli, compresa Santa Chiara.
Spesso quando si tratta di discutere di santi vissuti non pochi anni fa, ma centinaia, la leggenda viene più accettata del fatto storico. Anche perché, storicamente, i fatti solo pochissimi potevano riportarli: e chi sapeva scrivere oltre ottocento anni fa?
E allora la tradizione orale ha avuto la meglio sulla storia. Ma quando ci troviamo di fronte a scoperte del genere, i dubbi tendono a svanire quasi completamente. Ricordiamo che la storia di San Francesco inizia quando entrò nella chiesa di San Damiano ad Assisi: è lì che sentì la voce di dio. Sappiamo anche che il cervello umano è un qualcosa di miracoloso, nel senso che abbiamo capacità che ancora oggi non riusciamo a spiegare scientificamente.
Però una cosa è certa: san Francesco solo con la forza della parola e dell’esempio, è riuscito a convincere alcuni suoi amici a seguirlo. E ha cambiato le sorti della Chiesa. Dopo l’esperienza mistica di San Damiano, Francesco indossa il saio: un umile sacco che forse non copriva nemmeno la testa. Scalzo, senza un bastone per difendersi dalle bestie. Completamente disarmato, è partito verso l’umanità. E quel saio, per lui e i suoi confratelli, è diventato una corazza.
Lo stesso successe a Santa Chiara. Due corazze che vennero cucite e ricucite chissà quante volte. E che hanno sfidato il tempo e il papa Innocenzo III. Così lo sognò la notte precedente il pontefice: scalzo con una tunica, e che lo andava a trovare per parlargli. E venne convinto da un uomo vestito da cenci!! Non solo dalle parole del santo, ma anche da quello che portò al pontefice: nulla!!! Non gli portò nulla: solo parole.
Niente regali per il vicario di Cristo sulla terra, ma solo esempio e povertà assoluta, come Gesù predicò. Il saio di Francesco che Innocenzo III vide era quello che Santa Chiara rattoppò chissà quante volte. Povertà nella povertà.
Santità che difficilmente riusciamo a concepire in un mondo opulento e assurdo come il nostro: diciamolo, è difficile essere santi! E credere! Nonostante le vite di Francesco e Chiara ci abbiano sbattuto in faccia la parola di dio, la bellezza del creato, il tempo infinito che non muore mai. E la voce di dio che viene ascoltata solo da gente che è sorda alle assurdità del mondo, non facendosi distrarre.
Quando ho saputo di questa storia, ho cercato delle analogie tra i sai di Chiara e Francesco, e la Sindone. Anche la Sindone venne rattoppata dopo aver subito alcuni incendi. Forse le pezze che ogni tanto vengono aggiunte sulle “corazze” di gente straordinaria, servono a rendere più forti non solo i loro corpi, ma danno più vitalità allo spirito di questa gente per poter continuare a gridare la bontà di dio. Nonostante il suo silenzio sia assoluto!
Ci vuole coraggio a vivere. E spesso il nostro animo ha bisogno di essere ricucito…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio