Redazione
San Marco in Lamis, mercoledì 2 ottobre 2019 - È apparso provato dall’emozione Antonio Pazienza, l’imprenditore agricolo 42enne di San Giovanni Rotondo che questa mattina ha testimoniato in Corte d’Assise, a Foggia, nel processo a carico di Giovanni Caterino, ritenuto dall’accusa il basista del commando armato che ha compiuto la strage di mafia di San Marco in Lamis, in cui vennero uccisi i fratelli Aurelio e Luigi Luciani, il boss di Manfredonia Mario Luciano Romito ed il cognato Matteo de Palma. L’uomo è stato ascoltato come testimone del quadruplice omicidio. “Non mi sento assolutamente un eroe. I signori Luciani – ha aggiunto – sono i veri eroi”.
“Verso le 9:30” del 9 agosto del 2017 io e un mio amico “abbiamo sentito dei colpi. Prima alcuni, forse cinque. Inizialmente abbiamo pensato fossero fuochi d’artificio. Poi altri colpi. Allora sono uscito dal casolare e lì ho visto una macchina grigia metallizzata dalla quale sono scese almeno tre persone che hanno fatto fuoco. Io non vedevo a cosa sparassero perché sparavamo verso la stazione”.
«C'è qualcuno che sa ma non parla. Io voglio giustizia per i miei figli, perché i miei figli sono stati ammazzati barbaramente dalla mafia. Ecco però ho scelto di essere qui». Lo ha detto Antonio Luciani, padre di Aurelio e Luigi, i fratelli uccisi innocentemente il 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis (Foggia) perché testimoni dell’omicidio, compiuto pochi attimi prima sotto i loro occhi, del boss di Manfredonia Mario Luciano Romito e del cognato Matteo de Palma, veri obiettivi dei sicari. L’uomo è presente stamattina in Corte d’Assise, a Foggia, per assistere al processo a carico di Giovanni Caterino, di 39 anni, accusato di aver fatto da basista al commando armato che compì la strage.