Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, lunedì 16 settembre 2019 - Delitto e castigo. Anche se in questa storia un delitto vero e proprio non c’è stato. Ma uno sbaglio umano che forse si poteva evitare: un chirurgo un po’ ubriaco che uccide un paziente durante un’operazione. Il castigo: il medico deve uccidere un suo caro per espiare la colpa!
Abbiamo detto tutto? Magari! Sarebbe troppo semplice liquidare in due parole il film di Yorgos Lanthimhos del 2017, con Nicole Kidman e Colin Farrell. Dove un ragazzo orfano di padre, per la superficialità con la quale è stato operato il paziente, poi deceduto, suggerisce al chirurgo maldestro di uccidere uno dei suoi figli, o la moglie. Come castigo. Altrimenti moriranno tutti e tre: figli e moglie. Soffrendo, come maledizione chiede.
È assurda come situazione. Ci ritroviamo in casi molto lontani da noi che ci ricordano il sacrificio a dio di Isacco che deve essere ucciso da Abramo. Ma poi all’ultimo momento dio decide che il patriarca può uccidere un montone nelle vicinanze e non il figlio. Oppure il caso di Agamennone che, per vincere la guerra di Troia, deve uccidere, come suggerito da Calcante, sua figlia Ifigenia. Ma anche in questo caso la fedeltà dell’uomo verso il cielo viene premiata, e dal nulla appare un cervo sacro agli dei da sacrificare.
Le colpe dei padri ricadono sui figli? È questo il quesito che si pongono i protagonisti del film. E non lo discutono. Come se un dio cocciuto e poco miracoloso reclamasse sangue su sangue, invece di capire gli eventi dell’uomo, nei quali spesso si è sopratutto vittima e non protagonista. Il tema della vendetta è molto difficile da trovare da parte di chi assiste a questa storia. E un senso compiuto in questo film non c’è.
Non si riesce a far quadrare il cerchio. Anche perchè la logica dei fatti non sempre esiste. Morte per morte, sangue per sangue: c’è logica? I cervi sacri nella storia quotidiana di tutti noi sono sempre presenti: sacrifichiamo situazioni e desideri, a discapito di un benessere che sembra risolvere per sempre storie e momenti difficili.
Ma secondo il regista Yorgos Lanthimhos tutto questo è pura follia, e un non senso. Parossismo allo stato puro, che aumenta man mano che la storia continua fino alla fine. E alla fine in effetti c’è un sacrifico di un cervo. Ma solo che in questo caso non c’è nessuna sostituzione: quando il protagonista gira vorticosamente con in mano un fucile puntato sui membri della famiglia che sono immobilizzati e imbavagliati, lui spara casualmente.
Dio non ha voluto intervenire con la sostituzione dell’essere umano con un cervo. Il cervo sacro è ancora accanto alla divinità. Forse di questi esemplari anche in paradiso… ne sono rimasti pochi.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio