Mario Ciro ciavarella Aurelio
San Marco in lamis, martedì 18 giugno 2019 - Chissà come sarebbe stata la vita con l’umanità muta: fin dall’inizio della creazione, nessun dialogo. Solo modi di comunicare che non fossero verbali. Ma solo gesti, esclamazioni simili a quelle nelle nuvolette di fumetti. E basta. Un silenzio quasi assoluto, spezzato unicamente da lamenti e grida simili a quelli degli altri animali. Uomini e bestie accomunati da grida e urli.
Però, il nostro progredire tecnologico, ci avrebbe spinti almeno a mettere dei sottotitoli ai nostri dialoghi. Non sappiamo da chi, ma qualcuno, ad un certo punto dell’evoluzione, avrebbe saputo come fare: sottotitoli per ogni conversazione e anche per i pensieri. E forse non per tutti. Ma solo per quelli che recitano. Solo per gli attori.
Gli attori. Quelli che hanno un ruolo in questo mondo, solo per loro il linguaggio costituito da sottotitoli. Anche se gli altri, comunque venissero sottotitolati, quello che interessa a chi ascolta, è solo quello che dicono, sottotitolati, gli attori.
Ma poi potrebbe succedere che, ad un certo punto, un attore sente un rumore: uno qualunque. E allora ci sarebbe un risveglio mentale, si capisce che dal quel momento tutto non sarà più come prima. Quel rumore ha dato il via ad un nuovo modo di comunicare. E se gli oggetti cadendo fanno rumore, è allora che le urla degli uomini possono avere un senso: in un linguaggio verbale. Sconcerto!
È quello che accade nello straordinario film “The Artist” (2011) di Michel Hazanavicius, interpretato da Jean Dujardin e Bérénice Bejo. Originale modo per fare da spartiacque tra quello che c’era prima del cinema sonoro e quello che venne dopo. Rumori, voci, esclamazioni, il mondo, non solo cinematografico, prende vita.
Gli attori lasciando il cinema muto, fecero capire al mondo che “le parole sono importanti!!”, come l’interpretazione. Non è il solito film, tipo “Viale del tramonto” (1950) diretto da Billy Wilder con William Holden, Gloria Swanson ed Erich von Stroheim. Dove la protagonista con l’arrivo del sonoro, finiva la sua attività artistica; invece in “The Artist” i due protagonisti, soprattutto lui dopo un’iniziale depressione, riprende a vivere, grazie alla sua compagna che ha avuto successo. In questo caso potenza della voce!
Il linguaggio. Quello che meraviglia in questo film è l’importanza del linguaggio, si racconta da sempre come quasi tutti gli attori, nel momento in cui ci fu l’avvento del sonoro, finirono in miseria. Semplicemente perché non sapevano recitare! Il loro modo di recitare, prima, si limitava ad aprire la bocca e a fare smorfie.
Quindi, nessuna recitazione. Senza parlare della pronuncia. E chi li aveva mai sentiti parlare i divi del muto? nessuno! Ma con il sonoro, tutti si avvicinarono almeno una volta ad un microfono per dire anche solo “ciao”. Bastavano poche parole per far capire al produttore se quell’attore potesse continuare a recitare, ma da quel momento parlando, addio smorfie.
In “The Artist”, l’artista alla fine riesce anche a recitare, soprattutto cantando. Arrivarono i Musical. E con loro, aprire bocca significava anche saper cantare. E saper cantare e parlare, non sempre le due qualità coincidono. L’umanità, da quel momento non ha avuto più bisogno di sottotitoli; ma di espressioni, voci, e movimenti del corpo.
Quello che facciamo tutti i giorni. Anche senza essere attori…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio