Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, giovedì 6 giugno 2019 - C’è un film che circola quasi ininterrottamente sui canali televisivi “on demand”, dove per poterli vedere bisogna abbonarsi o comprare il singolo film. È una pellicola che fa impressione, spiazza, estremamente reale, non ha vie di mezzo. È fin troppo umano, inteso come bestiale e istintivo. Si tratta di “Brutti, sporchi e cattivi” di Ettore Scola del 1976, parla di una famiglia numerosa fin troppo allargata (25 membri) della periferia di Roma, che cerca di sopravvivere in una baraccopoli, nonostante le tante miserie morali e materiali di tutti i componenti.
Il capofamiglia è mezzo cieco, dispotico, cattivo che tratta tutti come delle bestie, Giacinto. È stato risarcito con un milione di lire (nel 1976) per aver perso un occhio. Il superpremio assicurativo lo tiene nascosto e ogni tanto va a controllare che ci sia ancora: i suoi nemici sono proprio i suoi parenti!!
Il giorno più bello di questa tribù è quello in cui vanno tutti insieme alla posta per riscuotere la pensione della nonna invalida: una volta che però il denaro è nelle loro mani viene diviso e ognuno si avvia per la propria strada, lasciando l'anziana sola con i bambini che hanno il compito di riportarla a casa.
E ci fermiamo qui con la trama del film, dove ci sono decine di episodi estremi, con tentavi di omicidio ed atti sessuali verso i propri parenti, bambine incinte e tutto ciò che nel resto del mondo animale non esiste: molte schifezze sono delle esclusive umane!!! E su questo non discuto con nessuno!!!
È un film disturbante, assoluto come cattiveria umana, non c’è un minuto di normalità nella quotidianità di questa assurda fetta dell’umanità ripresa dal vivo. Lo definirei un film “neorealista” realizzato molti anni dopo il periodo dei vari De Sica, Rossellini, Zavattini. Solo che nel Neorealismo “ufficiale” c’era la speranza di poter riemergere dopo le macerie della seconda guerra mondiale.
In questo film di speranze non ce ne sono: l’umanità prima, durante e dopo una qualsiasi guerra, è sempre la stessa. La famiglia in oggetto non è reduce da disgrazie ben precise, la loro disgrazia è quella di essere nati, e di sopravvivere come meglio credono, senza considerare minimamente il grado di parentela che li accomuna: considerano figli o genitori come gente estranea!!
È un susseguirsi di tiri mancini fatti verso il prossimo, non c’è pietà verso nulla e nessuno. Non c’è il minimo desiderio di cercare un senso civico che dia una svolta alle loro vite. Non c’è nulla di cristiano o che sembri minimamente coscienzioso nelle loro azioni.
La coscienza in questo film non esiste: sono personaggi caratterizzati da istinto di sopravvivenza e basta! Le loro carte di identità non hanno nemmeno un nome che li possa distinguere uno dall’altro, sembra un gruppo famigliare monoblocco: uno di loro o tutti insieme non c’è differenza.
Qualcuno potrebbe obiettare: si comportano così perché sono poveri e ignoranti dalla nascita. Vi piacerebbe, cara umanità che fosse così semplice!!! Sapete quanta gente nata ricca ed educata, che va a messa tutte le feste comandate si comporta anche peggio di questa famiglia di una baraccopoli di Roma???
Sapete quanta gente istruita che per occupare dei posti di rilievo fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote al prossimo sicuramente più meritevole? Non è un discorso di ambiente dove si nasce o come si vive: è un fatto genetico. È la natura umana che porta a comportarsi, non sempre fortunatamente, in modo ingiusto e assurdo. Ma visto che ci consideriamo la “specie eletta” super dotati spiritualmente, dovremmo essere perfetti!!!
Ciò che noi chiamiamo coscienza umana non è detto che sia il gradino più alto dell’evoluzione, potrebbe essere anche quello più in basso. Che fosse quello più in alto, l’abbiamo deciso noi!! La Natura è talmente complessa che non possiamo in nessun modo dire “chi viene prima e chi dopo”, in senso morale.
“Brutti sporchi e cattivi”, non è solo il titolo del film di Ettore Scola, ma potrebbe essere anche il giudizio che tutto il resto del creato ha di noi, “Specie imprevista”.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio