Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, martedì 4 giugno 2019 - Ci sono parole per parlare, e parole per pensare. E ci sono parole per poche persone che hanno tempo per capirle. E se non vengono capite, significa che sono solo per chi le ha scritte: il resto del creato non esiste. Comunicare con versi, senza aiutarsi con “l’espressione del corpo”, come quando si recita, è da pochi. Le parole sono talmente vicine le une alle altre, che spesso sono usate inutilmente: quando sono troppe.
Ridurre, parola d’ordine: ridurre al massimo quello che si vuole dire. Ed è così che nascono le poesie. Ogni termine deve avere un peso specifico: non annoiare il lettore con frasi chilometriche che possono solo distrarre. Leggendo alcune poesie, a me sembrano delle minacce: se vengono buttate sotto la porta di qualcuno, e omettendo il titolo della poesia e il nome dell’autore, sembrano lettere minatorie!
La pensa allo stesso modo il postino interpretato da Massimo Troisi nell’omonimo film. Il protagonista cerca le parole giuste (e poche) per poter comunicare con chi più gli aggrada. Da ex pescatore diventa postino e conosce il poeta cileno Pablo Neruda, il quale gli dà i primi insegnamenti di come si possa scrivere una poesia. Fermo restando che ogni poesia è storia a sé: non esistono delle regole precise per “come si scrive” una poesia, l’animo umano di ognuno di noi è unico e irripetibile. Come le impronte digitali.
Lasciate perdere gli “esperti del settore” (sono la specie più pericolosa !!!!! in qualsiasi ambito!!!), che ti dicono che la tua poesia è peggiore di un’altra!! (lasciateli perdere!!!!! fate finta che non esistono!!) E continuate a scrivere per voi!! Possibilmente non partecipate ai concorsi di poesia: non si può giudicare una poesia, è come se si giudicasse l’animo della gente.
Dicevamo, il postino che ha conosciuto Neruda cerca di capire come si possano scrivere poesie. Neruda gli spiega semplicemente: «Quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla.» A posto!! A questo punto saremmo tutti poeti? Sembra di sì. Dipende dall’animo umano, di quell’umano. Dipende dalla sensibilità di ognuno di noi. In fondo è sempre il DNA che fa la differenza, non solo in ambito biologico, ma anche sulla sensibilità dell’essere.
L’incontro del postino con una ragazza, Beatrice, accende in lui l’astro della poesia, che deve nascere a tutti i costi. Con le metafore. Le metafore, se non si sa cosa siano, possono essere pericolose: potrebbero anche mettere incinta una ragazza! La poesia vista come un pericolo: un modo per circuire un’altra persona, renderla arrendevole, incapace di intendere e di volere.
A volte è così: quando non si conosce il “nemico”, “l’altro”, si rischia di confondere il sentimento… con il parlamento!!
Mario Ciro Ciavarella Aurelio