Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, mercoledì 29 maggio 2019 - Anche le poesie che rinchiudono dentro di loro i sentimenti del poeta, possono andare oltre le “siepi”, che fino in quel momento escludevano gli sguardi fatti dal cuore dell’autore. Le parole volano e vanno dove vogliamo noi. E’ sempre così. Però c’è una sola poesia che non è riuscita a volare oltre una siepe, quella che separava l’abitazione a Recanati di Giacomo Leopardi dal resto del Creato. “L’infinito”.
L’infinito. Immensità dello spazio e tempo eterno, tutto è ineffabile. La siepe che non permette di capire il Tutto. Come se dio avesse messo quell’elemento naturale per non permettere di capire il perché delle cose, ma solo goderne, malinconie e mestizie comprese. In pratica: la più bella poesia di tutti i tempi. Tre anni fa il manoscritto di questa poesia lasciò la sua sede, Visso, per essere ospitato a Bologna insieme ad altri 27 manoscritti del poeta di Recanati. E per la prima volta i versi di Leopardi andarono “oltre la siepe” per vedere cosa c’è.
Cosa c’è oltre ciò che non ci permetteva di vedere, cosa c’è oltre le nostre immaginazioni, cosa c’è oltre la vita vissuta fino a quel momento, cosa c’è anche dentro di noi che eravamo rinchiusi in quella siepe, cosa c’è che non ci aspettavamo, cosa c’è nel mondo degli altri, cosa c’è sperando che ci sia quello che ci aspettavamo, cosa c’è che immaginavamo, cosa c’è e che non ci dovrebbe essere, cosa c’è nelle poesie degli altri.
I versi de “L’infinito” hanno vissuto, in quella trasferta, in un mondo mai visto prima. E penso che “il naufragar sarà dolce” anche in quel mare. Non solo in quello che vive nella mente e nei desideri di Leopardi, ma anche in tutto ciò che il mare travolgerà la vita di tutti quelli che vivono “oltre le siepi”.
Il manoscritto è ritornato nella sua sede naturale, per essere festeggiato: 200 anni di versi eterni. Per non dimenticare che, volendo, siamo anche noi “Infiniti”. Se decidessimo di lasciare ai posteri le nostre vite piene di positività e punti esclamativi lanciati oltre le “siepi del sapere”.
“Oltre“ c’è sempre qualcosa. Dipende da noi volerlo sapere…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio