Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, martedì 14 maggio 2019 -  Raramente il nostro paese è stato interessato dal passaggio del Giro d’Italia. Ricordo vagamente che nei primi anni Settanta, sul muro che costeggia l’ospedale c’era una scritta che diceva: “Forza Gimondi”. Doveva essere un residuato sportivo di un probabile passaggio del Giro in quegli anni. E ricordo che qualcuno disse che la Carovana del Giro era passata da lì poco tempo prima (ore, giorni?) in direzione San Nicandro.

Sono ricordi vaghi. Però penso che sia possibile: ciclisti professionisti di alcuni decenni fa che passarono quasi in anonimato nel nostro paese, in chissà quale tappa.  

Il ciclismo nella nostra città non ha mai goduto di molto clamore, a differenza del calcio, del tennis e di altri sport di squadra. Nessun ragazzo sammarchese che abbia avuto la possibilità o le capacità per mettersi in evidenza in questo sport. Forse perchè per esercitarlo bisognava avere una bicicletta da corsa, e non di quelle che usavamo negli anni ‘60 e ‘70 delle marche “Dino”, o “Graziella” per le ragazze.

 Mancanza di mezzi, mettiamola così. Il ciclismo è uno sport di fatica, ma anche di caratteristiche fisiche non indifferenti: battito cardiaco al limite (molto basso) ed essere sotto peso forma per potere gareggiare per oltre cento chilometri al giorno. Non abbiamo mai avuto uno spazio dove poter correre in bicicletta, nemmeno il campo sportivo veniva frequentato da provetti ciclisti.

 L’ultimo ricordo vero di passaggio di ciclisti del Giro è quello del 1998, quando il Giro d’Italia passò da San Marco proveniente da San Giovanni, per la nona tappa del giro di quell’anno: Foggia-Vasto di 169 chilometri. Tappa vinta dallo svedese Glenn Magnusson, in Maglia Rosa c’era lo svizzero Alex Zulle. Il Giro  venne vinto da Marco Pantani.

 Il bello del Giro d’Italia non è tanto il passaggio dei ciclisti, il tutto dura pochi minuti; ma tutto il contorno che c’è prima: la cosiddetta Carovana del Giro, un vero e proprio spettacolo, ammirare decine di automobili che sponsorizzano i prodotti di quelle squadre, e che anticipano l’arrivo dei ciclisti. Altoparlanti posizionati sopra delle auto quasi “taroccate” per l’occasione, che sparano musiche altissime, e dentro le auto, signorine che attirano l’attenzione degli sportivi lì presenti.

 Cappellini, magliette e tanti altri gadget a disposizione soprattutto per i più piccoli che affollano i lati delle strade, dove tra qualche ora passeranno i ciclisti, preceduti dalle moto della Polizia, e subito dopo giungerà l’auto del Direttore di Corsa e poi i ciclisti che corrono per raggiungere il traguardo. 

 E come corrono!! Potrà sembrare strano, ma anche nei centri abitati, i ciclisti “non guardano in faccia a nessuno”, nel senso che pedalano come se fossero a pochi chilometri dal traguardo. Per cercare di riconoscere qualche ciclista, conviene mettersi a ridosso di una curva: solo lì i ciclisti rallentano, ma di poco, e subito dopo riprendono la fuga.

 Nella tappa del 1998 che interessò anche il nostro centro, i ciclisti arrivarono da San Giovanni per dirigersi verso San Severo, gli spettatori che si posizionarono sui viali, non si resero quasi conto che stessero assistendo all’arrivo della corsa: ammisero candidamente che non ci capirono nulla, i ciclisti sfrecciarono letteralmente; altrettanto fecero le moto e le auto a seguito.

 In quell’occasione Cipollini passò per primo dentro la nostra città, e fu riconoscibile per la sua “mole fisica”. Pantani era nel gruppo che inseguiva insieme alla Maglia Rosa dello svizzero Zulle, e poi tutti gli altri. Centinaia di sammarchesi affollarono soprattutto viale della Repubblica e il sagrato della chiesa dell’Addolorata.

 Vedere arrivare di colpo oltre cento ciclisti e sentire il “sibilo” dei raggi delle biciclette, non è da tutti i giorni. Le sirene delle auto e delle moto che urlavano facevano da colonna sonora a quei pochi minuti di transito. E poi alcuni immancabili cani che cercavano di inseguire le ruote dei ciclisti.       

 E poi, tutto svanì. Così come era iniziato alcune ore prima. Quando arrivarono delle staffette delle motociclette della Polizia, per sondare il percorso. Il bello della festa è “sempre prima”, quando ci si veste per uscire. Durante, la bellezza tende a svanire.  Ne sanno qualcosa i ciclisti: quando stanno per entrare in un   paese, per sentirsi applaudire ed incitare.

 Pochi minuti dopo è tutto finito: davanti a loro ci sono solo interminabili chilometri senza gente “ai fianchi” che gli dia un po’ di spinta. Fatta da urla e applausi. E attendono che si arrivi in un altro paese, dove la festa si ripeterà: gente sui balconi, bambini con bandierine in mano e ancora una volta ci saranno anche i cani. Forse anche loro, quando abbaiano sulle ruote dei ciclisti, capiscono che non sono delle prede da mordere, ma degli oggetti che non vedono tutti i giorni correre. Insieme.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio