Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, sabato 27 aprile 2019 -  In principio fu il mangiadischi della “Geloso”. Quello arancione, quasi quadrato, con un certo peso, e con una manica bianca. Avvertenza principale: stare attenti alla sabbia, che poteva entrare nei buchi da dove usciva l’audio dei dischi che si stavano ascoltando. La sabbia naturalmente della spiaggia: era lì il luogo di elezione soprattutto del mangiadischi. Quello che faceva “tra”, quando si inseriva il disco dentro la stretta fessura, larga appena quanto un 45 giri. E poi si ascoltava la canzone.

 Se si voleva ascoltarne un’altra, bisognava cambiare disco, oppure girarlo, e dietro c’era l’ormai scomparso “lato b”, la seconda canzone dei “singoli”, quella meno bella. Funzionava  a pile, se ne mettevano quattro, quasi sempre di colore verde, nello scomparto che si trovava sulla parte posteriore del mangiadischi. E si andò avanti così per qualche decennio. Poi arrivò il mangiacassette, che era compreso in una radio portatile, e lì il discorso non cambiava  di molto rispetto al mangiadischi.

 E poi arrivò lui: il Walkman, il primissimo modello era il TPS-L2, entrato in commercio negli Stati Uniti alla cifra di 150 dollari, non certo uno scherzo per quegli anni. La storia vuole che tutto partì da una richiesta precisa del cofondatore Sony, Masaru Ibuka, incapace a star lontano dalla musica classica e per questo fiducioso nel designer Norio Ohga, incaricato di ideare un dispositivo portatile per i suoi successivi viaggi in aereo. Da qui sarebbe nato il TPS-L2, una scatolina blu e argento con le cuffie dotate di spugnette arancioni (in origine era tutto nero)

Tutto questo accadde 40 anni fa, nel luglio del 1979. Naturalmente dentro il piccolo scomparto non si potevano inserire dei dischi, ma le musicassette. La qualità audio non era granchè, inferiore a quella dei vinili, senza dubbio: il fruscio di fondo era inattaccabile. Per le vie delle città, si iniziarono a vedere giovani che avevano alle orecchie delle cuffie non molto grandi, un cavo che le collegava a questa scatolina, e tutto intorno (per chi ascoltava quella musica) un silenzio assordante.

Non molto tempo dopo, si capì che quel modo di ascoltare musica, poteva essere pericoloso: si era completamente dissociati da tutto ciò che girava intorno a quella nuova “diavoleria”, anche perché molti giovani indossavano le cuffiette guidando gli scooter. Ma da quel momento, la musica poteva camminare con noi. Il mangiadischi della Geloso” era ormai in  età pensionabile.

Si vedevano ragazzini che si abbracciavano, entrambi con le cuffie di un Walkman alle orecchie: solo loro due, ascoltando la stessa canzone e tutto il resto che li circondava viveva di vita propria. Si generavano vite appartate e molto private: una privacy quasi ante litteram. La scena culto dove meglio si può intendere questa situazione, è quando i due fidanzatini del film “Il tempo delle mele”, stando in discoteca, si dissociano da tutti, indossando le cuffiette del Walkman e ballano un lento, mentre tutti gli altri continuano a ballare sulle note di una canzone svelta sparata in quella discoteca.

Il Walkman si usava anche quando si andava a fare jogging: è stato il primo modo per potersi allenare ascoltando musica. Anche per estraniarsi dal resto degli amici, in senso “semi-sportivo”: fino a quel momento con la radiolina “aperta a tutti” si potevano ascoltare le radiocronache delle partite trasmesse nei programmi tipo “Tutto il calcio minuto per minuto”. Con il Walkman solo i proprietari potevano sapere i risultati delle partite della domenica pomeriggio. E tutti gli altri a chiedere incessantemente: “Quant stann?”

Il Walkman è stata un tappa essenziale per poi arrivare ad altri dispositivi  per ascoltare la musica: senza di lui forse non saremmo arrivati all’MP3 e hai file musicali scaricabili da internet.

Sembra che il progresso tecnologico vada avanti inventando strumenti che piuttosto ci isolano dal resto del mondo, che aggregarci: forse le parole che usiamo tutti i giorni dialogando, essendo sempre quelle, non ci emozionano più di tanto. E cerchiamo novità nel silenzio di quello che ci arriva da un telefonino, o da una cuffia collegata… sempre ad un telefonino.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio