Antonio Daniele
San Marco in Lamis - giovedì 22 marzo 2018 - È una di quelle mattinate che ti invogliano a restare dentro casa. La pioggia, le temperature basse, la levata di primo mattino, non scoraggiano le centinaia di giovani e ragazzi che sono partiti dalla città di San Marco in Lamis per raggiungere il capoluogo della Capitanata per partecipare alla piazza principale della Manifestazione nazionale per la Giornata della Memoria e per l’Impegno organizzata da Libera il 21 marzo, primo giorno di primavera.
Alla manifestazione ha partecipato la famiglia Luciani duramente colpita nel lutto per la perdita innocente dei suoi cari. Ed è toccata proprio ad Arcangela Petrucci leggere parte dei 972 nomi di vittime innocenti che costituiscono il cuore della manifestazione. Loro sono vivi, dirà poi Don Luigi Ciotti dal palco, ricordando il motivo principale per cui è nata la Giornata della memoria, che per la prima volta nel 2018 è diventata per legge dello Stato, memoria collettiva da celebrare anche in tutte le Istituzioni. Nonostante il maltempo, Foggia si riempie di migliaia di persone che, provenienti da ogni angolo d’Italia, vogliono essere presenti per testimoniare che il cambiamento passa attraverso la partecipazione attiva. Decine sono i pullman che non riescono a raggiungere il luogo preposto per l’arrivo.
Tanti sono costretti a farsi alcuni chilometri a piedi per raggiungere il centro città. Partano i cortei e si capisce subito che qualcosa di straordinario invade la città. Ragazzi, giovani, adulti, associazioni, Istituzioni, Chiesa, tutti in marcia per gridare ai mafiosi che il silenzio uccide più delle pistole. Per questo motivo il grido di tanti ragazzi e giovani costituiscono una caparra di speranza per il futuro. Si arriva in piazza, davanti alla Villa comunale che iniziano a leggere i tanti nomi. Dietro ognuno di loro c’è una storia da raccontare. Don Luigi Ciotti è la memoria vivente di questo impegno. Ricorda come in questi ultimi mesi è diventato famigliare ai ragazzi della provincia. Tante scuole, parrocchie, convegni e associazioni hanno visto la sua presenza. Volti conosciuti che diventano amicizia, che si stringono in abbracci e carezze per dire concretamente l’impegno ora passa di mano. Non c’è solo Libera, i famigliari delle vittime o volontari.
Ora c’è un popolo che grida, che vuole la legalità, non come un fiore all’occhiello da mettere o da togliere come si vuole, ma come riscatto di un cambiamento che passa attraverso la propria esistenza. Sale don Ciotti sul palco, accompagnato da tre Vescovi, per dire anche visivamente che la Chiesa è lì. E rivolgendosi direttamente ai mafiosi: "Vi aspetta il carcere o la morte; il dovervi nascondere. Perché il bene vincerà sul male. Non ce la farete con le vostre bombe e le vostre auto bruciate. Vi prego cambiate vita, siamo disposti ad accogliere i vostri bimbi. Trovate questo coraggio: non è vita quella che fate. State uccidendo la vostra vita. Noi non ci ucciderete mai, perché qui siamo vivi e la nostra è una memoria di persone che vogliono il cambiamento.
Il problema più grave non è solo chi fa il male, ma chi lo lascia fare nell'indifferenza". La primavera sembra voler prendersi il suo posto. Un pallido sole riscalda i presenti. Le parole di don Ciotti rischiarano gli animi e gettano semi: “Non ci si può limitare a chiedere cambiamento, dobbiamo diventare noi stessi cambiamento. Dobbiamo uscire dall'io per organizzare il noi". Sulla via del ritorno, si fanno considerazioni. Si capisce che questi giovani, questi ragazzi hanno partecipato a un evento unico nella loro vita che sicuramente avrà posto in loro domande di cambiamento: “La vita ci chiede oggi di osare, di avere più coraggio, che si impara non dalle grandi imprese ma dalle piccole cose: è un esercizio quotidiano”. Come quello fatto in questo giorno memorabile.