Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, giovedì 15 febbraio 2018 -  Ma come si fa a prevedere il futuro. O addirittura dire al futuro cosa fare? Così sembra: in politica i candidati alle elezioni prossime pare che vogliano dire al futuro come comportarsi. Cosa fare delle vite degli altri.  Naturalmente il tutto a fin di bene. Ma il dubbio è sempre quello: come mai tutto il bene del mondo, dal 4 marzo prossimo, che viene promesso in questi giorni non è stato possibile donarlo agli italiani poco tempo prima? Ad esempio, un anno fa, oppure tre anni fa...

 Perché ogni volta che gli italiani vengono chiamati alle urne, tutti i problemi del suolo patrio possono essere risolti senza nessun dubbio? Diciamolo subito: bisogna innanzitutto avere la faccia di cazzo!!! (scusate se ho detto faccia…) Non sono casi sporadici, nessun politico dice onestamente che se venisse eletto cercherà di fare “amministrazione ordinaria, cercando di non peggiorare ancora di più la situazione drammatica italiana…” Nessuno che abbia il coraggio di dire e magari scrivere queste poche righe su un foglio di carta.   

Davanti ad un pezzo di carta si è (ri)messo oggi Silvio Berlusconi che a distanza di 17 anni riscrive ancora una volta un patto con gli italiani. E la promessa è la seguente: “Entro la fine della legislatura il mio obiettivo è portare il tasso di disoccupazione sotto la media europea”. La cosa strana di questo mettere nero su bianco è che Berlusconi ancora non sa a chi affibbiare questo compito: il suo partito o alleanza non ha ancora deciso chi dovrebbe fare il Premier.

Quindi è come se mettesse tra le mani una patata bollente non si sa  ancora a chi!!! Berlusconi delegherà la sua promessa a qualcuno del quale non si conosce ancora il nome!!! E se questo qualcuno non fosse d’accordo con quello che Silvio ha promesso o non ne fosse capace??

La politica è assurda. La politica è un equivoco. La politica è un modo di dire. Questo modo di fare politica sembra come quando gli emigranti italiani partivano ad inizio ‘900 e appena sbarcati in America o in altri Paesi lontani dalla propria terra, scrivevano le lettere ai propri cari.

E queste lettere erano piene di aggettivi che qualificavano in modo straordinario sia il posto dove vivevano anche se da pochi giorni, e sia il nuovo lavoro che svolgevano da quelle parti.

Erano lettere piene di errori grammaticali, ma questo non ci interessa. Ci  fanno venire in mente straordinari epistolari dove l’emigrante-lavoratore  scriveva: “Cara Matre, sono appena oggi arrivato qua. Dove tu sai. E meno male che la nave non mi ha fato vomitare tanto assai. Appena mi sono sbarcato, sotto il nuovo patrone di lavoro, mi ha fatto lavorare. E mi paga già. Non ti preoccupare di me, che sono io che mi preoccupo di te.

Mi sembra che con questi soldi che ho già, mi sembro già ricco. E quando vengo da te, anche tu vengherai qua con me. Così possiamo stare tutti insieme. Questa è una promessa che ti faccio, e la faccio anche a Ninetta la mia zita. Che poi quando Ninetta anche lei vengherà qua con me, ci accatteremo i figli. È già tutto calcolato. Io già ho fatto i conti per tutti quanti. E andrà bene: per me, per te, per Ninetta e per figli che ci accatteremo di sicuro. È sicuro e quantè vera la Madonna”.

 Più o meno le promesse fatte dai nostri politici, scritte e orali, hanno lo stesso sapore della missiva sgrammaticata di cui sopra: di un povero emigrante italiano che prometteva mari e monti a tutti i suoi famigliari.  Appena questi fossero sbarcati in America.

Allo stesso modo, i nostri politici (quelli che vinceranno) ci promettono mari e monti appena scatterà la mezzanotte del 5 marzo, il giorno dopo le prossime elezioni. È come se da quel momento in poi l’America fosse qua!!!

Soundtrack: “Life” - Des’ree     

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Mario Ciro Ciavarella