Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, domenica 11 febbraio 2018 - Sappiamo che il Carnevale è una festa laica. Nel senso più ricreativo del termine: prima della Quaresima si fa di tutto che non abbia attinenze o punti di riferimento a tutto ciò che riguarda il sacro. Ciò che avrà un aspetto spirituale arriverà qualche settimana dopo con la Pasqua. E si festeggia prima del pentimento. Maschere, scherzi, risate per poi passare all’aspetto spirituale dell’uomo, con la Resurrezione del corpo e dello spirito di dio. Però c’è un Carnevale diverso in Italia, che mischia un po’ i generi: sacro e profano insieme.
In Sardegna, in Barbagia, un rituale carnascialesco antichissimo che nessuno riesce a trovarne le origini precise. Le maschere sono tutte caricature di animali o qualcosa che sfugge ai connotati umani. Non ci si maschera nascondendo il viso con maschere di personaggi famosi o maschere classiche.
Eh no, sarebbe troppo semplice e forse inutile. Da queste parti il Carnevale ricalca dei rituali dionisiaci: ciò che rende speciale gli umani è un qualcosa di misterioso, che sembra riguardare da vicino quell'energia priva di qualsiasi prevedibilità. È l'energia delle passioni, che fluttuano caotiche nel corpo e nello spirito degli uomini.
Queste maschere antropomorfe rievocano rituali misteriosi con danze propiziatorie. Il clima è festoso, non fatevi ingannare dalla non bellezza delle maschere: è arrivato il momento di scacciare l’inverno, e le maschere da animali si portano dietro anche questa responsabilità.
Forse l’uomo primitivo non riusciva ad allontanare l’inverno, e chiese aiuto agli animali (mascherandosi come loro), che sono nati prima di lui: l’uomo è l’ultimo ad aver messo piede su questo pianeta. Anche se dopo ha fatto di tutto per “sfrattare” centinaia di specie viventi.
Gli studiosi stanno ancora cercando di capire e interpretare questo modo “strano” di essere allegri festeggiando il Carnevale. Anche i movimenti degli uomini in maschera sono particolari: saltano di lato avanzando lentamente, forse come fanno certi animali in occasioni particolari.
Oltre alle maschere, anche i vestiti replicano quelli degli animali, soprattutto capre e pecore, con folte pellicce. Forse è un modo per convincere la natura a “cambiare la stagione” facendo trattare la natura con gli animali, invece dell’uomo: la natura non si fida dell’uomo, e lui capisce che gli intermediari più onesti sono gli animali.
I campanacci, un’altra caratteristica di queste maschere. Si fa rumore ed è giusto che sia così: è Carnevale e il rumore è d’obbligo. È il rumore con il quale la primavera cerca di farsi spazio e togliere terreno all’inverno. Come il fuoco, anche le maschere sarde sono dei baluardi che ci indicano che il nuovo sole sta per sorgere. Basta con il freddo.
Non abbiamo nulla di scritto sul perché di questo modo di fare baldoria. E penso che sia meglio non saperlo, ancora qualche “esperto del settore” ci dica che tutto ciò non è consono a certe credenze in linea con le convinzioni umane. Le convinzioni umane non hanno mai convinto la natura. E nemmeno gli animali.
Film recommended: “La pazza gioia” di Paolo Virzì.
Mario Ciro Ciavarella