Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, sabato 20 gennaio 2018 -  Fanno la corsa anche per riuscire a mettere il proprio simbolo al primo posto. Pensano che viviamo ancora negli anni del dopoguerra, quando la gente, quasi tutta analfabeta, doveva individuare il partito da votare guardando bene bene il simbolo. All’epoca erano facilmente individuabili: falce e martello era “cosa rossa”, scudo crociato era “bianco fiore simbolo d’amore”. Anche se non si riusciva a leggere tutto il nome del partito, si capiva bene dove mettere la croce.

 Su quale simbolo politico andava il voto di elettori che per le prime volte entravano nel segreto dell’urna per dare la fiducia a candidati che promettevano si risollevare l’Italia dalle macerie dell’ultima guerra.

 Il rito di depositare per primi il simbolo del partito sembrava scomparso.  Ma sembra che con la prossima tornata elettorale, alcuni politici si siano  sistemati davanti al Viminale da alcuni giorni per poter far risultare il proprio partito posizionato in alto a sinistra, guardando la scheda elettorale.

 Questa posizione (in alto a sinistra) fino a qualche decennio fa era ad appannaggio unicamente del PCI (Partito Comunista Italiano). I suoi più fedeli  tesserati, anche  dalla sera precedente, si posizionavano davanti al portone chiuso dell’ente preposto ad  accettare i simboli dei partiti, per poter dire di essere il “partito n.1”

 Inteso come: il primo partito che vedrete sulla scheda elettorale. Viceversa, c’era una altra compagine, anch’essa scomparsa, che faceva di tutto per essere l’ultimo partito ad essere stampato sulla scheda  elettorale. Ed era la DC (Democrazia Cristiana).

 In modo che anche loro potessero dire agli elettori di essere l’ultimo partito che vedrete sulla scheda elettorale. Erano stratagemmi che aiutavano il popolo ignorante (in senso buono) per non far commettere loro sbagli di votazione. La curiosità è che il rito di correre più veloci degli altri nel depositare il proprio simbolo si ripeta ancora oggi. Eppure tanta ignoranza in giro non ce n’è.

 E allora come mai i partiti non si fidano della cultura (e delle vista) degli elettori? È anche vero che i partiti che si presenteranno anche a queste elezioni saranno centinaia, ma perché non c’è molta fiducia nel voto degli italiani??

 Penso che la risposta sia molto semplice: i partiti si confondo facilmente, poiché dicono tutti le stesse cose, facendo tutti le stesse promesse. E allora è facile confondersi e votare un partito per un altro. I simboli ormai non simboleggiano assolutamente più nulla: sono quasi sempre delle liste  fatte in casa, servono per far eleggere solo il primo e forse il secondo di quel partito, in quel collegio.

 Molti dei movimenti politici che si presenteranno anche questa volta, hanno dei nomi che si somigliamo. Chissà quanti partiti dei pensionati ci saranno. Quanti partiti federalisti, dei cacciatori, dei Borboni, dei Sudisti, dei Nordisti. Dell’Amor Sacro e dell’Amor Profano, partiti che inneggiano al ritorno del Fascio Littorio, come quelli che sperano nel ritorno di dio sulla terra. Movimenti per la legalizzazione del Kebab. 

 Movimenti politici che predicheranno il mantra del ritorno della lira, e quelli che vorranno avere due monete: una per comprare e l’altra per poter vendere. Ci saranno liste colorate per legalizzare la difesa in casa dai delinquenti, e quelle che chiederanno di potersi difendere anche fuori casa.

 Liste per autostoppisti per non perdere la sana abitudine di poter viaggiare con uno zaino sulle spalle, liste per legalizzare il Natale due volte l’anno per poter allungare le ferie a tutti coloro che non sono insegnanti, liste che vorranno l’abolizione del cellulare quando si parla con una persona che si ha di fronte.

 Le liste che vedremo quest’anno occuperanno delle posizioni sulla scheda elettorale che nulla cambierà sul risultato finale: si prevede che tra pochissimi anni si andrà a votare di nuovo. Nessuno vuole perdere. E nemmeno noi, che ci rechiamo spesso e malvolentieri a far arricchire un migliaio di persone che quasi sempre è indegna di sedere su quelle poltrone.

 Soundtrack: “Viva l’Italia” - Francesco De Gregori

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Mario Ciro Ciavarella