Antonio Del Vecchio
San Marco in Lamis, venerdì 22 dicembre 2017 - A differenza della fotografia, l’arte figurativa non è solo immediatezza, ma anche rappresentazione plastica di un ricordo remoto o recente che sia. Un ricordo che ritorna a farsi vivo ad ogni pie’ sospinto mediante un oggetto o luogo legato alla vita delle persone. È il caso della cosiddetta “civiltà contadina”, immortalata dal cinema, dalla letteratura, dalla musica e forse ancor più dall’arte pittorica – scultorea. A materializzare il ricordo, come pure le emozioni che ne conseguono ci pensa l’artista.
Lo fa mettendoci la sua anima, la manualità e la tecnica. Non si tratta di nostalgia per il passato, ma semplicemente di riproposizione, semmai sotto nuova forma ed espressione di determinati oggetti e luoghi, di cui si dirà. Questa volta, sulla scorta dei successi passati, ci prova di nuovo il noto pittore – scultore, Nick Petruccelli, utilizzando molto spesso entrambe le tecniche. Lo fa mettendo in mostra non solo composizioni artistiche ispirate al tema, ma anche oggetti abbozzati da altri e fatti propri attraverso il restauro o addirittura trasfigurandoli col suo straordinario talento creativo.
È il caso del lavatoio in legno che fa da base ad una singolare raffigurazione, come pure ai avvale di altri oggetti e materiali che egli recupera e trasforma, facendo tornare ogni cosa a nuova vita, come si evince dall’anzidetta mostra, attiva da qualche giorno in un locale a piano terra del civico n. 47 del centralissimo Corso Matteotti, di fronte alla sede del Banco di Napoli – San Paolo. Trattandosi di oggetti – attrezzi della vita quotidiana di un tempo, non si sa quando comincia l’arte e dove finisce l’utilità. Ma c’è di più. Oltre a queste opere, i visitatori hanno di fronte una trentina di quadri in acrilico, talvolta in rilievo, o olio su tela raffiguranti paesaggi ed angoli urbani ed extra.
Il riferimento è al “Casalotto”, alla “Padula” a “Pozzo grande”, ecc. oppure al “Sambuchello”, a Bosco Rosso, alla Difesa, ecc. Tali luoghi descritti ed interpretati nel 1982 costituiscono la rappresentazione di un mondo che non c’è più. Gli stessi nel frattempo risultano del tutto cambiati, inghiottiti come sono dal cemento e dall’utilitarismo per un verso e dall’altro per l’usura del tempo, che tutto cancella. Per cui a chi visiterà la mostra sembrerà di tornare indietro nel tempo e di assaporare , attraverso il ricordo, appunto, le emozioni primitive. Ed è per questo che per rendersi conto occorre visitare l’esposizione e proporci una pausa di riflessione. Tanto al fine di riscoprire l’antico valore e le emozioni di Petruccelli, essendo egli l’artista del primordiale e dell’arcaico per antonomasia.
Ed è quello che più di ogni altro può rappresentare e rappresenta la “civiltà contadina”. Quella stessa che ha in sé la potenza e la durata nel tempo. Anzi, oggigiorno, si parla sempre con più insistenza di un suo probabile ritorno, specie per quanto riguarda i paesaggi ed angoli caratteristici sopraccennati e perché no anche dell’alimentazione minacciata, com’è, dall’inarrestabile inquinamento e dal consumismo, misurato sempre con la quantità e raramente con la qualità. Il Petruccelli al riguardo ha dichiarato: “ Il primitivo è la mia principale fonte d’ispirazione. Senza di esso ne morirei non solo artisticamente ma anche moralmente”.
La mostra resterà aperta durante tutte le feste natalizie e forse di più, al fine di soddisfare la voglia di conoscere e di sentire non solo dei cittadini, ma anche dei turisti e dei forestieri che di questi tempi giungono numerosi per visitare la città e soprattutto i suoi due splendidi e storici conventi: Stignano e San Matteo.