Grazia Galante
San Marco in Lamis, sabato 16 dicembre 2017 - Ventisei sagome, risalenti forse alla fine dell’800 inizi ‘900, hanno permesso al presepista Angelo Gravina di allestire nella Chiesa del Purgatorio un presepe antico. Era usanza, infatti, a San Marco in Lamis a Natale realizzare sull’altare maggiore di tutte le chiese dei presepi a sagome, piatte e ad altezza d’uomo, realizzate in legno compensato e cartone dipinti, sorrette da armature di legno. Esse venivano inserite in una scenografia contornata da rami di leccio, a cui venivano appesi i mandarini. Era una tradizione molto radicata e sentita, tanto che anche nelle case private si preparava il presepe utilizzando la stessa tecnica.
Questa usanza, di cui rimane solo un vago ricordo nella memoria delle persone anziane, si è persa nel tempo. Dette sagome, opera di artisti essenzialmente locali, sono state messe fuori uso negli anni Sessanta-Settanta, per fare largo alla modernizzazione, e accantonate negli scantinati o buttate. Dobbiamo dire grazie all’ins. Maria Teresa Masullo Fujano, storica ed esperta di tradizioni popolari, originaria di San Marco in Lamis, ma vivente a Foggia, se oggi possiamo ammirare quelle della Chiesa delle Grazie e della Chiesa Madre ed a Gabriele Tardio, invece, che ha recuperato quelle della Chiesa del Purgatorio. Le prime pare che siano state realizzate negli anni Trenta del Novecento dal pittore milanese Natale Penati, incaricato di affrescare la volta della chiesa. Esse, oltre alla Sacra Famiglia ed altri personaggi, rappresentano due sante che portano doni: Santa Nastasija, con un cesto pieno di screppèdde, e Santa Lisabbétta, con i colombi.
Secondo una leggenda sammarchese Santa Nastasija, per aiutare Maria nel parto, smise di panificare. Al ritorno, trovando la madia traboccante di massa, pensò di friggere doje screppèdde e portarle in dono a Gesù Bambino. Santa Lisabbétta, cugina di Maria, invece, porta in dono i colombi. Era un’usanza del posto regalare alle partorienti da parte della testimone di nozze, che diventava automaticamente la madrina del primogenito, regalare una gallina abbellita con il fiocco rosa o celeste a seconda del sesso del neonato, con cui preparare il brodo cu lli ponte d’ache che la puerpera preparava per sé alcuni giorni prima del parto. I parenti, invece, portavano li picciuncédde (i colombi) che servivano allo stesso scopo. Il brodo avrebbe favorito la produzione del latte con cui nutrire il neonato.
Le sagome delle Grazie, restaurate agli inizi degli anni ’70 del ‘900 dall’artista sammarchese Nick Petruccelli, su interessamento del parroco don Felice Bonfitto, vennero utilizzate per allestire il presepe in quella Chiesa fino agli anni inizi degli anni ’80. Esse, dopo un secondo reastauro ad opera dell’architetto Corvino, furono esposte nei primi anni di questo secolo nella Chiesa di San Tommaso Apostolo a Foggia con l’allora parroco don Luigi Lallo di San Marco in Lamis, grazie anche all’interessamento di Ciro Inicorbaf e di altri soci dell’Associazione dei Presepisti di Foggia; nella Chiesa “San Giovanni di Dio” di Foggia e commentate dalla prof.ssa Resta Dell’Università di Foggia; al Comune di Foggia in una scenografia curata dalla dott.ssa Monica Refolo; alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Foggia.
Le sagome della Chiesa Madre, restaurate ad opera della Fondazione “Siniscalco Ceci”, furono oggetto di una mostra nella sede della Fondazione in Via Arpi a Foggia. Quelle recuperate nella chiesa del Purgatorio vengono esposte per la terza volta così come sono state rinvenute. Le figure femminili presenti nelle sagome della Chiesa del Purgatorio sono Santa Vuggènia (Eugenia), che porta in dono al Bambinello le melagrane, simbolo della fecondità per gli antichi greci, e una pastorella che suona il tamburo. Le ventisei sagome oltre agli Angeli, al bue e all’asinello, rappresentano i pastori che suonano la ciaramella e il flauto o che portano in dono al Bambinello prodotti locali: caciocavalli, agnelli, scamorzoni ecc. Tutte queste figurazioni riflettono, quindi, usi e costumi sammarchesi.
Questo è il motivo per cui Angelo Gravina le ha voluto inserire lungo la strada che conduce alla Chiesa di San Bernardino, una delle più antiche della Città. Queste sagome, come si diceva prima, sono per lo più opera di artisti locali. A San Marco in Lamis, infatti, operavano diversi plastificatori di pupi di gesso (Antonio, Luigi ed Emanuele Maruzzi e Giovanni Cera) che realizzarono anche delle edicole (quella della Madonna Incoronata, della Madonna Addolorata, ecc.), ancora esistenti in paese, delle sagome per il presepe e per la Resurrezione di Gesù, di cui c’è qualche testimonianza, e le stazioni della Via Crucis.
Essendo questo presepe a sagome l’unico in Puglia, tra i pochissimi ancora esistenti nel Meridionale d’Italia, secondo quanto ha affermato Ciro Inicorbaf, uno dei maggiori presepisti d’Italia, è per noi un vero tesoro da conservare gelosamente e devotamente, ma soprattutto da valorizzare.