Antonio Del Vecchio
San Marco in Lamis, giovedì 30 novembre 2017 - Come era nelle aspettative e negli auspici, anche due giovani magistrati sammarchesi sono vicini sul piano affettivo e propositivo alla famiglia Luciani. Lo sono per la barbara uccisione di Luigi ed Aurelio da parte della mafia, per essere stati ignari testimoni dell’agguato delittuoso, da essa perpetrato il 9 agosto scorso nelle campagne, a 12 chilometri dal paese. Evento che aveva visto perire pochi secondi prima sotto gli stessi colpi e mani due rivali di malaffare dell’organizzazione.
Si tratta di Francesca Stilla, operante in quel di Roma e di Ludovico Delle Vergini, a Firenze. Al riguardo hanno espresso il loro stato d’animo ed opinione in due avvertiti ed articolati articoli apparsi su “Si sapisse”, periodico dell’IISS”Giannone”, diretto dalla giovane collega Graziana Coco, in vetrina da qualche giorno in città. Nel primo, la Stilla racconta con accenti talvolta commossi la sua vita ‘sammarchese”, apprezzandone le nascoste virtù. In primis i valori ‘patriarcali’ della famiglia tramandati di generazione in generazione, come la concordia, la sana educazione e soprattutto la solidarietà, che accomuna l’intera collettività.
Valori che non si misurano col grado di istruzione o della professione, ma che sono insiti per forza di trascinamento e storia orale, difficili da trovare in questi tempi, dove tutto è consumismo. L’esempio che più colpisce è la figura di “Tatucce” (il bisnonno), che sa dare il giusto consiglio o ‘sentenza’ a chiunque gli si rivolga e persino all’avvocato, ironizza il magistrato. E questo perché tutto si basa sull’esperienza e concretezza, ma soprattutto perché non si guarda a ciò che si fa ma alla persona. Sta qui il senso della ‘rieducazione’anche in termini di pena, commisurata sì all’azione, ma anche alla persona. E con questo esempio si spiega l’articolo 27 della Costituzione, ossia con la saggezza dei bisnonni e nonni suggellata dal proverbio “ad ogni male, la sua medicina”.
Ed è a questo concetto che s’ispira la sua azione di magistrato. Si passa, poi, all’articolo 3 della Costituzione ‘l’uguaglianza’a prescindere. I figli degli altri sono e devono essere i nostri figli, così pure i figli degli amici e giù di seguito. Da qui il sentimento del bene e degli affetti, che scaturisce immancabilmente dalla comunanza. Quindi, ci si richiama, all’art. 30 della medesima ‘Carta Magna’ (Mantenere, istruire ed educare i figli), che per l’interessata il concetto si assomma in uno solo “cura”, ricordando ad uno ad uno tutti i passaggi della sua graduale crescita fisica e psichica dovuta alla madre e nel complesso ai genitori di ogni sammarchese. Tutto questo aiuta a capire il valore della famiglia e il significato della responsabilità genitoriale.
Concetto e significato che l’ha aiutato nella sua professione-missione di giudice per i minorenni, comprendendo e dosando la sua azione nei riguardi delle cosiddette famiglie fragili. Concetto accolto in un recente provvedimento sull’allontanamento dei figli dai genitori mafiosi. Il magistrato-donna sottolinea “Sono questi alcuni dei valori e dei principi del mio paese che hanno guidato i miei genitori e chi li ha preceduti…”. Infine chiosa, peccando forse per eccesso di amore :”Se non fossi di San Marco non avrei fatto il giudice”. Delle Vergini, dopo aver ricordato la strage di Capaci (Falcone e la sua scorta, rivisitata e rivista alla TV 25 anni dopo), l’uccisione del giudice Livatino e di tanti altri, si sofferma su quella di Rossella Casini, perita sotto i colpi della’Ndrangheta’ nel 1981.
Lo fa perché ha davanti ai suoi occhi la lapide (innalzata nel 2016) all’imbocco di Borgo La Croce, strada pedonale dove egli ci passa ogni giorno assieme a centinaia e centinaia di persone. Osserva, in primo luogo che la stessa fu freddata perché per amore non avrebbe osservato la regola mafiosa del silenzio, ironizzando poi sulla parola amore che nel contesto non regge. Ma non è questa la sua principale osservazione. Ce ne sono altre. Dato il ‘lento procedere’ dei pedoni qui è possibile fermarsi, riflettere e pensare. Ben diversa la situazione sulle strade rotabili, dove tutto è istantaneo e sfocato e nessuno ha la possibilità di sostare, pensare e riflettere su tutto ciò che gli passa davanti.
Ed è per questo che si permette di suggerire alcune proposte riguardo al luogo e alle iniziative valide, ossia che “generano memoria” per immortalare nel tempo e coll’esempio lasciatoci “Aurelio e Luigi” (della Stele del 12 novembre ne saprà dopo, soluzione che condivide appieno). Tra l’altro, egli vede bene, oltre alla lapide, un museo storico iconografico nella dismessa stazione ferroviaria “Scalo San Marco”, semmai riempiendolo di immagini del film Nuovo Cinema Paradiso, che vinse l'Oscar per il miglior film straniero nel 1990, girato in parte in questi luoghi nel 1988 dal grande regista (che non nomina) Giuseppe Tornatore.
Tanto per richiamare da vicina la stazione vera di Lascari – Crateri nella tratta Palermo – Messina. Così pure si suggerisce, di utilizzare il tronco ferroviario vicino come pista pedonale e ciclabile, che inducano gli attori a fermarsi e a visitare assieme alla stele sopraccitata anche il museo, segnalato dalla stessa ‘location’ del film. Tutto questo può insegnare ed acculturare non solo i sammarchesi di oggi e di domani , ma anche i forestieri, inducendoli a non abbassare mai la guardia di fronte ai soprusi e alla spietatezza della mafia.