Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, lunedì 17 ottobre 2017 -  “Sacra Catholica Real Maestà,  don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al castello di Carini a videre la baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il barone di Carini, suo genero, molto alterato perchè avia trovato in mismo istante nella sua camera Ludovico Vernagallo suo innamorato con la detta baronessa…”

  E’ il 1556 quando questa missiva veniva scritta dal Barone Don Cesare Lanza e inviata al re di Spagna, Filippo II, per discolparsi del delitto della figlia, Laura Lanza di Trabia, avendola trovata in compagnia dell’amante Lodovico Vernagallo, del vicino feudo di Montelepre.

 In pratica un delitto d’onore, commesso non dal marito tradito, ma dal padre della traditrice. Per aver tradito il marito, il Barone di Carini Vincenzo La Grua della potente dinastia dei La Grua-Talamanca.

 Matrimonio combinato anni prima dal padre di Laura, Cesare Lanza. E come tutti questi matrimoni non d’amore, la tragedia aspetta dietro l’angolo. E anche il Vernagallo, l’amante di Laura, è stato ucciso dai servitori di Cesare Lanza. In modo che il cerchio venisse chiuso.

 E questa è la triste storia come la conosciamo tutti. O se vogliamo, come i cantastorie la raccontarono per centinaia di anni. Ma da un po’ di tempo  sembra che il delitto d’onore per salvare la dignità del marito di Laura, sia solo una messinscena.

 I diaristi del tempo, intimoriti dell'importanza delle famiglie, dettero vita su questo caso a qualcosa come quattrocento versioni di un poemetto su cui hanno studiato storici, studiosi del folklore siciliano e non solo, per arrivare alla verità ultima di questa tragedia.     

 La verità sarebbe un’altra: la Baronessa Laura e Lodovico Vernagallo fossero amanti da quattordici anni e avevano avuto la bellezza di otto figli, con “l’approvazione” del marito della Baronessa, lo sapevano tutti, il marito di lei probabilmente non poteva avere figli. Quest’ultimo avrebbe avuto interesse a non uccidere l’amante della moglie, secondo la “Lex Iulia”, avrebbe avuto diritto a metà del patrimonio dell'amante della moglie come “danno morale”.

 In pratica si aspettò a tempo debito per mettere fuori gioco la moglie fedifraga, uccidendola, e incassare la metà del patrimonio del Vernagallo, che a questo punto non sarebbe stato ucciso, ma probabilmente allontanato da Carini. Insomma, una “Beautiful” del sedicesimo secolo.

 E il padre della Baronessa in questa storia cosa ci avrebbe guadagnato uccidendo sua figlia? Questo è un altro mistero. Un padre che uccide la figlia per interesse non si è mai sentito, anche perche la casata dei Lanza in Sicilia era una delle più ricche.

 Quindi, una storia di interessi da parte del marito e del padre della Baronessa, e non d’amore? Detta così, questa storia nuda cruda perde tutto il suo fascino e mistero. La verità sul caso della Baronessa di Carini ancora non è stata scoperta fino in fondo.

 Dal tema musicale di questa storia si è scoperta un’altra straordinaria  ballata, direttamente collegata alla Baronessa di Carini: la storia attraversò tutto il sud Italia per arrivare anche a Napoli, dando vita ad una delle ennesime versioni che è anche uno dei classici pezzi della tradizione partenopea: “Fenesta ca lucive e mo’ nun luce”. 

 Il bello di queste storie è che da una trama iniziale, si possono ramificare decine di finali, ma anche diversi significati della stessa vicenda. Alla base  di tutto c’è sempre una storia d’amore. Poi non sappiamo come questa storia potrebbe prendere direzioni diverse, grazie alla tradizione orale  della vicenda.

 Come quando si sussurra una frase nell’orecchio del vicino, questi la sussurrerà in quella di un’altra persone vicina a lui e così via. Fino a quando l’ultimo che riceverà la frase partita chissà con quali parole, capirà tutt’altra cosa.

 Facendo nascere nuove storie con draghi, re, regine, baronesse e figli che nella realtà non sono mai nati.

 Soundtrack: “La ballata della Barunissa” - Gigi Proietti

 Film recommended: “L’amaro caso della Baronessa di Carini” di Daniele D’Anza

 

Mario Ciro Ciavarella