Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, martedì 12 settembre 2017 -  Il Giorno Stesso già c’è stato: il 6 agosto 1945. Da quel momento abbiamo un prima e un dopo un disastro atomico. In quel giorno la prima bomba atomica è stata sganciata come atto dimostrativo (e distruttivo) di come l’uomo sia capace di mettere subito fine ad una guerra, la seconda mondiale. In quel momento c’è stato uno spartiacque sulle armi.

Non più navi o carri armati per dimostrare una superiorità bellica sui nemici, ma “semplicemente” una bomba. Rapida, indolore per tutti quelli che sono morti all’istante, e di tanto in tanto viene rispolverata anche per vedere se funziona ancora!!

E sembra che non manchino molti anni a questa nuova tragedia dove il “fungo” atomico andrà in alto, all’orizzonte; il tutto magari ripreso da telecamere ben lontane dal luogo del disastro, e la tragedia trasmessa in mondovisione.

Ed è per questo motivo che le industrie che fabbricano i rifugi antiatomici hanno aumentato la loro produzione, in modo che molti non possano vivere il Giorno Stesso (troppo tardi…), per meglio vivere il Giorno Prima, riparandosi dalle radiazioni.

La bellezza del Giorno Prima è che si è ottimisti sullo scampato pericolo del conflitto atomico che si “combatte” lì fuori. Combattere è un modo di dire: una volta che la bomba viene sganciata c’è poco da combattere, dopo…

E gli scampati all’atomica, quanto tempo dopo potranno uscire dai loro rifugi? Non penso pochi giorni dopo, e nemmeno mesi. Ed è lì che bisogna ragionarci e non poco. La radiazioni di una bomba atomica hanno effetti devastanti non solo sugli uomini ma anche sulla natura.

I sopravvissuti nei bunker come potranno servirsi di quel poco di natura che li circonda? Potranno cibarsi di quei frutti tempestati dalle radiazioni? Avranno contatti con gli altri sopravvissuti (ancora non morti) che hanno provato sulla loro pelle le conseguenze della boma atomica? E in che modo?

È uno scenario assurdo e tragico allo stesso tempo. Immaginate il sopravvissuto “bunkerato” che dialoga con il sopravvissuto “irradiato”, ma cosa potranno dirsi?

Penso nulla: quello protetto nel suo bunker e uscito chissà dopo quanti anni!! non avrà argomenti da trattare con il resto dell’umanità. E il sopravvissuto “irradiato” non avrà nemmeno la forza di aprire la bocca.

Il Giorno Prima e quello Dopo, sembra che non abbiano differenze sostanziali. Sperando che quel Giorno non ci sia. Però ci sarà!!

Sound Track: “Il pilota di Hiroshima” - Nomadi

Book recommended: “Black Hawk Down. Mogadiscio” di Chun Clayton

Mario Ciro Ciavarella